Ha svelato e confermato un patto di ferro tra mafia e clan dei Casalesi, per monopolizzare il settore dei trasporti su gomma sull’asse Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e nei mercati ortofrutticoli italiani, tra cui il Mof di Fondi in provincia di Latina, uno dei più grandi d’Europa.
Si è concluso con 9 condanne e 6 assoluzioni il processo di primo grado a Santa Maria Capua Vetere che ha visto imputati elementi di vertice di entrambe le organizzazioni criminali, come Gaetano Riina, fratello minore del “capo dei capi” di Cosa Nostra, (6 anni di carcere); Francesco “cicciariello” Schiavone, cugino omonimo di “Sandokan” (12 anni e 9 mesi); il figlio di “Cicciariello”, Paolo Schiavone, per la prima volta condannato (10 anni e 3 mesi) e altri ex elementi di spicco di importanti famiglie di camorra come i clan Mallardo e Licciardi. Assolto, invece, Nicola Schiavone, figlio di “Sandokan”.
Tra gli imputati figurava anche Giuseppe Ercolano, ex reggente della cosca mafiosa dei Santapaola, deceduto, sposato con la sorella di Nitto Santapaola. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli, a vario titolo, di associazione mafiosa, illecita concorrenza, intestazione fittizia di beni, estorsione e traffico d’armi.
Quello messo in piedi tra mafia siciliana e casalese, ha sottolineato il pm antimafia di Napoli Cesare Sirignano, che ha coordinato le indagini, ha prodotto “un aumento dei prezzi dei prodotti al consumo, danneggiando le tasche dei cittadini e creando un enorme vantaggio patrimoniale per chi ha controllato il mercato con metodi mafiosi”.
Condannati anche Salvatore Fasanella (13 anni) coinvolto in un traffico d’armi dalla Bosnia; il collaboratore di giustizia Felice Graziano (2 anni e 6 mesi di reclusione); Antonio Pagano, (9 anni), padre di Costantino Pagano, titolare de “La Paganese Trasporti”; Antonio Panico (4 anni e 6 mesi), all’epoca dei fatto “dominus” del clan Mallardo; Almerico Sacco, (13 anni), ex reggente del clan Licciardi di Secondigliano; Gaetano Sacco (13 anni), anche lui elemento di vertice dei Licciardi.
Le indagini hanno preso il via nel 2005 e gli arresti, 74 in tutto, vennero eseguiti, in due trance, dalla Squadra Mobile di Caserta e dalla Dia di Roma tra maggio 2010 e gennaio 2012. Nella prima parte dell’iter giudiziario, quella con il rito abbreviato, vennero condannate 30 persone.
La Corte d’Appello di Napoli, lo scorso 7 gennaio, ha rideterminato le pene per 14 persone. Secondo le rivelazioni di un pentito di mafia, Gianluca Costa, grazie ai fratelli imprenditori trapanesi Sfraga (sfiorati dalle indagini per la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro, già condannati anche in secondo grado), l’imprenditore Costantino Pagano aveva acquisito il controllo del trasporto su gomma da e per la Sicilia occidentale.
In cambio fu offerto alle cosche mafiose un accesso privilegiato nei mercati campani e soprattutto in quello di Fondi (Latina).
I “padroncini” titolari di piccole ditte di trasporti finirono sotto il suo controllo: Pagano distribuiva il lavoro, pretendeva il pagamento di commissioni e ottenne anche l’estromissione di molti vettori, danneggiando anche altri clan. Emerse anche il traffico illecito della droga, nel caso del clan Licciardi, e delle armi, nel caso del clan casalese.
Nel luglio del 2006 fu sequestrato un poderoso arsenale a San Marcellino (Caserta), nell’abitazione e nel garage un carabiniere in pensione, ritenuto legato al clan dei casalesi. Armi, è stato poi accertato, provenienti dalla Bosnia. Gli imputati sono stati condannati al risarcimento dei danni alle parti civili, tra cui il FAI. Confiscati i beni sequestrati a Paolo Schiavone e Antonio Panico.
Verranno invece restituiti quelli sequestrati a Giuseppe Ercolano. Il processo si guadagnò la ribalta delle cronache anche per l’annullamento dell’arresto, da parte del Riesame, di alcuni degli indagati a causa del “copia e incolla” delle richieste della Procura nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip. La vicenda finì all’attenzione dell’allora ministro della Giustizia Paola Severino.
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