- 425 sindaci del Mezzogiorno hanno formulato un programma per la riscrittura del Pnnr
- “Non è sufficiente assegnare il 33 per cento delle risorse al Mezzogiorno”
- I primi cittadini chiedono interventi straordinari su logistica e servizi e un South new deal
Acquaviva delle Fonti è un comune della città metropolitana di Bari. Fino ad oggi era conosciuta al mondo per i suoi monumenti e per essere un presidio slow food, grazie anche alla sua rinomata cipolla rossa. Ma buon cibo e la cultura non bastano per garantire il futuro. Così, il sindaco pro tempore di Acquaviva, Davide Carlucci ha preso carta e penna, e dopo aver fatto rete con altri 424 primi cittadini del Sud, ha lanciato la campagna “Recovery Sud”: un grido d’allarme trasversale e bipartisan, di amministratori pubblici che “non vogliono, in alcun modo, veder passare il treno del Recovery Fund senza che esso riporti nei nostri Comuni quei giovani talenti che negli ultimi anni, con un’emorragia lenta ma costante, abbiamo visto andare via”.
Recovery Sud, il documento inviato a Palazzo Chigi
Il documento è stato inoltrato al Presidente del Consiglio, Mario Draghi e alle più alte cariche istituzionali della Repubblica, dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ai presidenti di Camera e Senato ed ai presidenti delle regioni meridionali. Obiettivo del programma lanciato dai sindaci del Sud è lanciare un programma straordinario per il Mezzogiorno, per fare in modo che i fondi del Pnnr creino le condizioni per attrarne altri da ogni parte di Italia e del Mondo e dia la possibilità a chi è nato e si è formato nel Mezzogiorno di restituire quanto ha ricevuto in termini di intelligenza, creatività e competenza.
Senza interventi straordinari, il paese rischia di implodere
Il progetto mette l’accento sulla prima criticità che il Pnnr, almeno nella sua stesura attuale, non sembra in grado di sciogliere: “l’economia italiana nel suo complesso rischia l’implosione se non si ricompone la frattura del Paese perché è nel Sud che è presente il maggiore potenziale di sviluppo inespresso”. Il progetto non è stato concepito come un sistema chiuso, ma si prefigge di diventare uno strumento “in continuo aggiornamento”. La proposta dei sindaci meridionali è nata sull’onda di un coordinamento spontaneo, che intende dare una “risposta istituzionale alla grave crisi di rappresentanza del Sud”.
I numeri della condanna a morte del Sud
Il report elenca tutti i numeri della “condanna a morte” del Mezzogiorno: dai trasferimenti ancora troppo scarsi per servizi come gli asili nido alla distribuzione dei ristori Covid ripartiti in base alla ricchezza fiscale dei territori, dal ridotto turnover di docenti e ricercatori universitari alla riduzione dei posti letto, dal sempre più risicato numero di dipendenti nei Comuni alla spesa sociale procapite diseguale rispetto al Nord, dalla ridotta speranza di vita alla crescita continua del differenziale di reddito certificato dalla Banca d’Italia e dai più importanti istituti di statistica ed economici. L’attuale programmazione dei fondi per la ripartenze è ritenuta da Carlucci e dai primi cittadini che hanno siglato il documento, “una vera e propria ingiustizia” che sarebbe sufficiente a “giustificare una mobilitazione generale delle popolazioni dell’Italia meridionale per il riequilibrio territoriale del Paese”.
Un south new deal per frenare la fuga dei giovani cervelli
Per questo i primi cittadini chiedono un confronto urgente al Governo perché prenda in seria considerazione una serie di proposte per il Pnrr, a cominciare dal varo di un “South new deal”, ovvero un piano straordinario di assunzioni che destini ai Comuni meridionali 5000 giovani progettisti, con una corsia preferenziale per i cervelli in fuga, che dovrebbero aggiungersi ai 60mila dipendenti chiesti dall’Anci per colmare le carenze di organico di tutti i Comuni italiani.
Assegnare il 33 per cento dei fondi Pnnr al Sud non basta
Il comitato di Recovery Sud, infine, valutare insufficiente la quota del piano europeo assegnata al Sud e chiede inoltre l’attuazione immediata dei livelli essenziali delle prestazioni, l’adeguamento del sistema infrastrutturale a quello del resto del Paese (a cominciare dall’Alta velocità), e interventi per potenziare le aree produttive. Si chiedono inoltre interventi di edilizia sociale attraverso il recupero dei centri storici, piani di recupero delle acque reflue, un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, azioni per il recupero di castelli e dimore storiche, deroghe per i Comuni in dissesto, l’eliminazione dei vincoli burocratici, interventi nelle aree interne e nei Borghi autentici, l’introduzione capillare di linee di bus elettrici o a idrogeno, investimenti nella bike economy, la promozione dell’agricoltura sociale e dei terreni confiscati.
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