- Una nuova ricerca ha evidenziato le carenze del Sud e la necessità di un uso attento dei fondi del Pnrr
- Il Mezzogiorno è sempre più in difficoltà nonostante la pandemia abbia inizialmente colpito il Nord
- Tra i problemi più evidenti quello della digitalizzazione
Arrivano i fondi del Pnrr per il Sud, ma il divario territoriale potrebbe essere troppo grande. Secondo recenti ricerche ci vorrà un grande lavoro di adeguata distribuzione dei soldi per permettere alle regioni più in difficoltà di riprendersi dopo la pandemia.
La ricerca: diversi tipi di dislivello
Secondo una ricerca del Sole 24 Ore e il centro studi Tagliacarene, ci sarebbero 20 punti nei quali il Sud è carente rispetto al resto d’Italia. Tra questi Pil pro capite, pubblica amministrazione, occupazione (con attenzione a donne, giovani e addetti di imprese extra agricole), laureati, partecipazione elettorale, digitalizzazione delle aziende e internet veloce, spesa sociale e sommerso, reddito e consumi, turismo, giustizia, asili nido, export e start up.
Lo sanno ormai tutti, a soffrire di più la pandemia sono stati i servizi come turismo e ristorazione. Meno in difficoltà, invece, il settore manifatturiero. Per questo la pandemia, che inizialmente ha colpito con tanta forza il Nord, sta però accentuando il distacco con il Mezzogiorno. Le regioni meridionali, infatti, hanno una “manifattura quasi inesistente”, come spiega Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del centro studi Tagliacarene, a Il Sole 24 Ore.
Se poi si pensa alle difficoltà a livello sociale, il Sud presenta in alcune zone un indice di povertà assoluta anche dell’11% della popolazione residente, con una media generale del 9,3% che, paragonata al resto d’Italia (7,7) fa molto preoccupare. Al Nord l’indice rimane nella media nonostante l’aumento della povertà dovuto alla pandemia, come definito dalla ricerca dell’istituto Tagliacarene.
Una questione che nasce già dai numeri occupazionali. Basti pensare al fatto che solo 3 donne su 10 lavorano nel Mezzogiorno contro le 6 del Centro Nord. E il numero medio di lavoratori all’interno delle aziende che non si occupando di agricoltura è di 2,9, mentre altrove è 3,9.
Il problema digitalizzazione e le diverse aree urbane
In un mondo che, come ha dimostrato la pandemia, dipenderà sempre di più da internet, le imprese del Sud sono rimaste indietro. Solo il 60% ha un proprio sito web. “Una parte della neo-imprenditorialità locale ha trovato sbocco nei servizi – continua Esposito – ma sono imprese poco digitalizzate e scarsamente innovative”.
Una questione che riguarda anche gli spazi. Basti pensare che solo il 12% di imprese meridionali esportano in altri Paesi (zone diverse arrivano al 31%). Inoltre intere aree meno urbanizzate del Sud, che hanno sentito meno il duro colpo del covid rispetto alle grandi città, hanno grossi problemi a livello di infrastrutture. Il loro futuro potrebbe essere lo smart working, ma non tutte sono adeguatamente attrezzate. D’altronde, come si legge ancora nei numeri dello studio, solo il 27% degli edifici nel Mezzogiorno hanno un Internet ultraveloce.
Si è parlato molto di far rivivere i borghi attraverso lo smart working, e questa potrebbe essere un’opportunità. Certo non sarà facile. Secondo Luca Bianchi dello Svimez, infatti, i fondi del Pnrr potrebbero essere utili solo se utilizzati con oculatezza. “Bisogna superare la logica di assegnazione per quote, – racconta al Sole 24 Ore – fissando invece dei target territoriali da raggiungere e, di conseguenza, distribuire le risorse in base agli obiettivi”.
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