Ancora un regalo alle cliniche private, in pieno centro storico di Napoli, nel quartiere Sanità solo di nome ma non di fatto; nel quartiere dove si sono scritte pagine epiche della letteratura e della filmografia napoletana con Eduardo e Totò in testa, nel quartiere dove si sono sfidati all’ultimo comizio Renzi e Grillo nell’ultima campagna elettorale per le europee, il manager della più grande ASL del mezzogiorno e forse anche d’Italia, decreta e ordina “che non si nasca più”- ed io puro lo nacqui avrebbe detto Totò – nella Sanità, ovvero, all’Ospedale San Gennaro.
Naturalmente per ironia della sorte il manager che ne decreta la chiusura e che “affida” tutti i cittadini alla vetustissima struttura di pronto soccorso ostetrico ginecologico dell’Ospedale dell’Annunziata si chiama, manco a dirlo, Ernesto Esposito, la cui origine etimologica del cognome proviene dalla parola “esposto”, cioè messo nella ruota degli esposti, quella ancora oggi visibile sulla parete esterna dell’Ospedale dell’Annunziata, destinata ad accogliere tutti i bambini abbandonati dalle madri, che venivano così “affidati” ovvero “esposti” alla misericordia della Madonna dell’Annunziata.
Ci si potrebbe quasi scrivere una commedia se non fosse che la chiusura dei reparti di ostetricia e di ginecologia dell’Ospedale San Gennaro, da martedì 1° luglio, lascia un intero quartiere di Napoli, la Sanità, con decine di migliaia di cittadini, senza servizi sanitari legati all’area nascita.
Prima c’era stata la chiusura del pronto soccorso generale, dopo il reparto di urologia e quello di neurologia avevano fatto la stessa fine, sotto la scure della 49/2010 la delibera del commissario straordinario per la sanità Stefano Caldoro. Adesso però il divieto di nascita, in un quartiere tra i più densamente abitati di Napoli, è la goccia che fa traboccare il vaso.
Bisognerà pure che qualcuno spieghi ai cittadini della Sanità, di Materdei, della Stella dove dovranno andare a far nascere i propri figli, come chiedono i cittadini riuniti in un comitato, con tanti appoggi da parte della politica, che minacciano di portare donne incinte e puerpere all’assemblea del Consiglio regionale.
La chiusura dei reparti va soprattutto a svantaggio delle donne delle fasce più deboli che non hanno risorse per rivolgersi alle cliniche private, a cui questa decisione e l’intera manovra con diminuzione dei punti di nascita, fanno un enorme regalo.
La chiusura avrebbe, secondo le fonti ufficiali dell’ASL, natura temporanea e sarebbe legata al mancato rinnovo dei contratti di convenzione con pediatri esterni che il blocco del turnover ha reso ormai una prassi necessaria per il prosieguo dell’assistenza in tutti i presidi campani.
La mancanza di pediatri al nido ha quindi fatto da leva per la dismissione della maternità e della ginecologia, a sua volta indebolita da pensionamenti non ripianati. Così però l’intero servizio materno-ginecologico del centro cittadino – circa 500.00 abitanti – ricadrà sull’Ospedale Annunziata e sull’Ospedale degli Incurabili, già colpiti entrambi dal taglio dei posti letto.
L’Ospedale Annunziata ha visto ripetute chiusure di reparti e sale operatorie a causa di un’inesistente e un’inefficiente manutenzione – l’ultima chiusura della maternità durata più di un anno è stata sostenuta proprio dal San Gennaro; mentre l’Ospedale degli Incurabili è una struttura fatiscente con lavori che vanno avanti a singhiozzo, ancora priva della “Casa del Parto” dopo 5 anni di attese e finanziamenti erogati nel 2000 per oltre 10 miliardi di vecchie lire proprio per il potenziamento della rete materno infantile, e stessa cosa può dirsi per le altre tre case della maternità programmate in Campania tra tutte è emblematico il caso di quella di Pozzuoli, ultimata ma mai entrata in funzione.
E non si comprende il perché del trasferimento quando tutta la maternità e il nido del San Gennaro sono stati ristrutturati di recente, mentre invece la maternità dell’Ospedale degli Incurabili, allocata nella palazzina E, è assai degradato con impalcature che sono lì da tempo immemore, muffe, umido e controsoffitti in pezzi.
L’unica cosa certa è che quest’enorme riduzione della rete del servizio materno infantile rifacimento della rete va tutto a svantaggio delle donne, e, soprattutto, delle donne delle fasce più deboli che non hanno risorse per andare in una clinica privata, perché è infatti tutta l’area del servizio materno, dalla nascita fino all’aborto volontario e terapeutico, è ormai una enorme zona di speculazione privata, e restringere i punti nascita non può che alimentarla, e intanto di natalità nobile o proletaria che sia alla Sanità ormai, non si parlerà più.
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