';

Così il clan dei Casalesi comprava i sindaci
29 Mag 2014 08:26

Imprenditori, sindaci, politici di ogni colore: le prime dichiarazioni da pentito di Antonio Iovine riguardano gli affari del clan dei Casalesi, soprattutto gli appalti nel settore dell’edilizia e le grandi speculazioni.

Alcuni nomi già compaiono nei verbali depositati oggi dal pm Antonello Ardituro, ma le dichiarazioni più delicate e suscettibili di sviluppo sono quelle coperte da omissis. Si comincia comunque a intravedere l’intreccio tra politica, camorra e imprenditoria creato dai Casalesi nel corso degli anni.

In alcuni casi – spiega il boss – io sono stato direttamente in grado di indirizzare gli appalti verso imprenditori a me graditi; in altri casi sono stati gli imprenditori a curare direttamente il rapporto di corruzione con i funzionari degli uffici tecnici per avere l’appalto e successivamente hanno regolato la loro posizione con il clan. In altri casi ancora gli stessi imprenditori hanno usufruito, alcune volte anche a mia insaputa iniziale, della possibilità di far valere la loro abituale vicinanza ad Antonio Iovine e per questa sola ragione sono stati favoriti“.

Lo strumento per aggiudicarsi gli appalti pubblici e realizzare le speculazioni edilizie era la corruzione. “I funzionari pubblici sono stati costantemente corrotti e hanno assecondato le richieste che provenivano o direttamente da me e da altri capi del clan ovvero dai nostri affiliati oppure richieste che provenivano direttamente da imprenditori interni a questo sistema“.

Esiste, assicura Iovine, una “mentalità casalese che ci è stata inculcata fin da giovani. E’ quella che posso definire la regola del cinque per cento, della raccomandazione, dei favoritismi, la cultura delle mazzette e delle bustarelle… Se non si comprende appieno questa mentalità casalese e questa situazione ambientale nella quale spesso si confondono i ruoli fra il camorrista, l’imprenditore, il politico, il funzionario, per cui le cose vanno in un certo modo perché tutti hanno interesse a che vadano così, non c’è nessuna possibilità di estirpare la radice di questo sistema malato“.

Quanto ai politici, il clan non contava solo sui sindaci. Iovine si sofferma per esempio sull’ex consigliere regionale dell’Udeur Nicola Ferraro, già condannato per associazione camorristica: “Conosco il ruolo di Nicola Ferraro di politico e imprenditore influente e capace di orientare gare come quella delle centraline a Caserta e quella relativa alla costruzione della cittadella giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere“. Con questo sistema, i casalesi facevano affari d’oro: “Ogni mese – afferma Iovine – il clan aveva introiti per circa 350.000 euro, al netto degli introiti personali che i capi riuscivano ad avere“.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento