“In cambio del mio passaggio al centrodestra, l’ex senatore Antonio Tomassini mi offrì una somma di denaro che, mi disse, non avrebbe cambiato la vita del presidente Berlusconi, ma la mia sì“. A parlare, davanti al Tribunale di Napoli, è l’ex senatore Paolo Rossi e, con la sua testimonianza e con quella di Anna Finocchiaro, all’epoca capogruppo Pd a Palazzo Madama, è entrato nel vivo il processo per la presunta compravendita dei senatori.
Nel processo, in corso davanti ai giudici della prima sezione del tribunale, sono imputati Silvio Berlusconi e Valter Lavitola. Rossi ha confermato l’incontro con Tomassini, avvenuto alla fine di agosto del 2006, di cui Finocchiaro aveva parlato ai giudici napoletani poco prima di lui. Tomassini disse a Rossi che Berlusconi aveva indicato lui e tre o quattro senatori per ”verificare la disponibilità di passare all’altra parte del campo”.
”Mi chiese – ha detto Rossi – se ero disposto a non votare la fiducia, o a non partecipare al voto, per far cadere il governo Prodi”. I tentativi erano indirizzati verso i senatori della maggioranza dell’area di centro e del Sudtiroler Volkspartei. ”Disse che se c’era la disponibilità lui stesso in 24 ore mi avrebbe accompagnato da Berlusconi a Villa Certosa in Sardegna. Si parlò di soldi, di disponibilità economica. Di soldi che, mi disse, non avrebbero cambiato certo la vita di Berlusconi ma avrebbero cambiato sicuramente la mia”.
Rossi ha parlato anche di promesse nell’ambito di Mediaset e dell’ informazione. Circostanza che sia lui sia Finocchiaro non avevano riferito ai pm durante le indagini preliminari e che per tale motivo è stata oggetto di contestazione da parte dei legali della difesa. Prima di Rossi, Finocchiaro, rispondendo alle domande dei pm Henry John Woodcock e Alessandro Milita, ha ricordato di aver denunciato la vicenda in aula dopo aver appreso da parlamentari del centrosinistra dei tentativi che sarebbero stati messi in atto dall’ex Cavaliere per determinare la crisi del governo che si reggeva su una maggioranza assai esile. Ha spiegato, in particolare, che il senatore Randazzo le riferì di essere stato avvicinato all’aeroporto di Fiumicino da un imprenditore che lavorava in Australia, il quale gli propose un incontro con Berlusconi. Il parlamentare le disse poi di aver rifiutato l’offerta (“non ricordo che tipo di promesse gli furono fatte“), manifestando una viva indignazione.
La testimone si è poi soffermata su quanto le rivelò Rossi il quale, fu invitato a casa dell’amico ed ex senatore del centrodestra, Antonio Tomassini. Questi gli propose di abbandonare la maggioranza promettendogli, a fine mandato, un incarico importante in Mediaset o comunque nel settore editoriale. “Rossi mi disse – ha aggiunto Finocchiaro – di essere rimasto senza parole, sconcertato, e di aver lasciato la casa del collega turbato dall’incontro“. “In aula – ha ricordato poi l’ex capogruppo Pd – parlai di corruzione politica, di un fatto molto grave e ritenni che tutta l’aula ne dovesse essere a conoscenza“.
Finocchiaro ha risposto poi alle domande del collegio di difesa, gli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, legali di Berlusconi, dell’avvocato Bruno larosa, difensore di Forza Italia, e Maurizio Paniz, legale di Lavitola. Gli avvocati hanno chiesto se nella sua esperienza di parlamentare, iniziata nell’87, fosse venuta a conoscenza di altri casi di parlamentari che avevano cambiato schieramento nel corso della legislatura, o minacciato di farlo se non avessero ottenuti incarichi a livello governativo o nelle commissioni. La testimone ha detto di conoscere numerosi casi (”salti della quaglia”, come lei stessa li ha definiti), sostenendo tuttavia che essi avvenivano in ”maniera esplicita” e avevano alla base comunque motivazioni politiche. Il processo riprenderà il 21 maggio prossimo, con il prosieguo della testimonianza del capitano della Guardia Di Finanza Sebastiano Di Giovanni che ha svolto gli accertamenti bancari nel corso dell’inchiesta.
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