Proviamo a immaginare che non ci sia già il capolavoro dell’ingegneria ferroviaria dell’800 che unisce due mari, Tirreno e Adriatico, e due delle città più attive del Sud, Napoli e Pescara; e che, attraversando tre regioni, Campania, Molise e Abruzzo, scavalca la dorsale appenninica, sale sino a quasi 1.300 metri (solo la ferrovia del Brennero è più alta); attraversa due Parchi, Riserve Naturali e Regionali.
Quale dovrebbe essere il primo impegno di parlamentari, presidenti e assessori regionali, imprenditori e classe dirigente locale, società tutta, se non pretendere la costruzione di una tale linea ferroviaria? Beh, ora riapriamo gli occhi: quella meraviglia esiste (e basta leggere, in un vecchio numero della rivista “D’Abruzzo”, come ne parlano i viaggiatori stranieri del secolo scorso). Allora non ci serve nient’altro, giusto? Abbiamo un asse già attrezzato di sviluppo che unisce tre regioni in cui si concentra quasi tutto quel che di bello, dall’arte alla natura alla gastronomia, si possa desiderare.
Durante una breve escursione per mostrare a mio nipote la magnificenza della Majella, l’ottimo sindaco di Campo di Giove, Giovanni Di Mascio, mi spiegava: «Potresti salire a Napoli o a Pescara con gli sci ai piedi. E dopo essere passato per Parchi e Riserve, scendere dinanzi alla seggiovia che ti porta ai più alti campi da sci dell’Appennino, 2.400 metri; e dalle piste vedere il mare.Qui puoi avere una delle più lunghe stagioni di neve d’Italia, quasi al centro della Penisola, quindi con un bacino di utenza vastissimo».
Perché, invece, tutto ‘sto ben di Dio è sprecato? Per la risposta, astenersi da: la normativa che…, il bilancio che…, l’amministrazione centrale che… Cose che sappiamo già. Vere, serie; ma, senza voler offendere nessuno, non c’è una ragione accettabile per un tale scempio di risorse, lavoro, futuro.
La vera risposta è un’altra: la volontà. Chi vuole, fa, il modo lo trova; se fallisce, ritenta; chi non vuole, ha sempre delle ottime motivazioni per allargare le braccia. Troppo facile dire così? Pensate a quale, secondo voi, sia stata la più grande impresa della storia dell’umanità. Ognuno ha la sua idea (Colombo, Alessandro Magno, andare sulla Luna, un barlettano storto uomo più veloce del mondo, lo scudetto al Cagliari).
Qualunque sia l’impresa, tutte hanno in comune una cosa: sono nate come il sogno di un uomo solo e sono diventate il progetto di un popolo, di una generazione, della curva Sud, dell’umanità intera. Sono pugliese; un secolo fa, un bracciante analfabeta del Tavoliere pensò che quelli come lui non erano solo braccia, ma avevano diritti e voleva che fossero riconosciuti; uno dei latifondisti sua “controparte”, pensò che fosse una buona idea irrigare la Puglia, fertilissima, ma così arsa e priva d’acqua, che i romani la chiamavano “Deserti di Puglia”.
Il primo, Peppino Di Vittorio, divenne segretario mondiale dei sindacati; il secondo, il barone Pavoncelli, fu protagonista della costruzione, in soli nove anni!, del più lungo acquedotto del mondo. E volete farmi credere che il treno non possa più correre sulla transiberiana abruzzese? Lo so che tutto è stato fatto per fottere, anche ferroviariamente, le regioni del Sud; ma questo non basta a fermare chi davvero vuole. L’attuale, come i precedenti governi, pensa solo a tagliare binari meridionali e finanziare alta velocità al Nord (l’ultimo stanziamento, quasi 5mila milioni, è andato per il 98,8 per cento al Centro-Nord, già ben dotato; e per l’1,2 per cento al Sud, dove Matera, Capitale europea della cultura 2019, aspetta il treno da un secolo e mezzo).
E le norme scellerate sulla “regionalizzazione” delle ferrovie (un trucco per favorire i ricchi e fregare i poveri) hanno spezzato in due l’Italia, visto che solo chi può permetterselo può fare “accordi” con Trenitalia. In questo momento, le Regioni che stipulano contratti con Trenitalia (ma le Ferrovie dello Stato sono nate e si reggono con i soldi di tutti noi), sono: Veneto, Lombardia, Piemonte, Province di Trento e Bolzano, Liguria, Friuli, Toscana, Marche, Lazio, Umbria. E le altre si attacchino al tram (ops… ci avvisano dalla regia che non c’è manco il tram).
Visto il livello di porcata istituzionale, sembra eccessivo che la transiberiana abruzzese sia stata uccisa per favorire il turismo invernale, ma anche estivo, di regioni più nordiche? Perché spingersi sino alle Alpi, da Bari, se c’è la Majella con neve e piste a 2.400? Queste porcherie le hanno fatte degli uomini; altri uomini, come spiegava Giovanni Falcone, possono eliminarle.
C’è in Abruzzo un sognatore pratico che rivuole quell’asse ferroviario come perno di rinascita e lavoro? E lo vuole davvero? Quando questo tipo di gente si muove, non pensa: «Sono il solo», ma: «Sono il primo». Non voglio fare il saputello: non so come si fa; ma so che altri hanno fatto di più, meglio, in condizioni più difficili. Quindi, anche questo si può fare. C’è già tutto, bisogna solo fare in modo che il macchinista accenda il motore, il capotreno urli: «In carrozza!» e dia il fischio di partenza. Ho molti amici abruzzesi: è vero, so’ tosti, se vogliono. Beh, se riparte la transiberiana, non è un treno che parte, ma il Sud, perché gli altri, altrove, non avranno più scuse. Per meravigliosa colpa vostra (e se mi ci vorrete, nostra).