“Anche a costo di sforare il patto di stabilità, pagheremo di tasca nostra i lavori già fatti”, a dichiararlo è stato il Presidente della regione Paolo Frattura, nell’incontro a Bonefro con i soggetti coinvolti nella ricostruzione. Va detto in ogni caso, che in questi ultimi tempi il problema ricostruzione si spostato sui tecnici e sulle imprese, che devono ancora essere pagati per i lavori svolti, e un po’ meno sulle condizioni dei terremotati, con il carico di problemi che ancora hanno e che avranno presumibilmente per molti anni ancora, allora il problema dov’è? Lo esplicita sempre il Presidente Frattura “non sappiamo ancora quanti soldi sono stati spesi, non solo – continua Frattura – soprattutto a San Giuliano di Puglia, ci sono lavori eseguiti senza impegno di spesa, e quindi difficilmente individuabili”. N
emmeno questa è una novità se vogliamo grazie al fatto che la ricostruzione di San Giuliano è stata fatta “in proprio” senza cioè passare dalla struttura commissariale, altra aberrazione di questa ricostruzione, un carrozzone inutile e che costa ai molisani attualmente oltre quattro milioni di euro l’anno, ma andiamo con ordine. Come si diceva San Giuliano, amministrata in questi anni dal sindaco Luigi Barbieri, ha gestito la ricostruzione con un canale preferenziale, e spesso, con risultati discutibili, per utilizzare un’altra frase del Presidente.
Oggi il paese simbolo del terremoto, San Giuliano di Puglia, si presenta come un non luogo, completamente trasformato nelle strutture del luogo con enormi spazi coperti da cemento e totalmente inutilizzati, e soprattutto con una serie di infrastrutture, che stando agli amministratori, a tutti i livelli, dovevano servire a rilanciare tutta la zona del Fortore e non solo San Giuliano, in termini di sviluppo economico e sociale.
Oggi invece l’economia è quella della scia della ricostruzione ancora per poco, e la società è completamente disgregata per faide interne e lotte intestine. Cosi chi oggi si trova a passeggiare nei paraggi della mega scuola, prima struttura a essere ricostruita e inaugurata da Berlusconi, come risarcimento alle giovani vittime del terremoto, è utilizzata oggi per meno di un terzo della sua struttura, trova anche un Museo, non si sa bene di cosa, ma i bene informati dicono che doveva essere un museo alla memoria del sisma, un centro Polifunzionale, che probabilmente doveva servire all’Università, mai approdata a San Giuliano, e un Laboratorio che doveva essere utilizzato da un centro di ricerche agricole, mai entrato in funzione. La cosa che più colpisce però è la genericità delle strutture, infatti, non c’è una sola indicazione che dica a cosa serve il museo piuttosto che il centro polifunzionale.
Insomma cemento a terra e soldi pubblici in aria, mentre le imprese, quasi la totalità, sono con l’acqua alla gola e con incognite pesanti sul loro futuro, cosi come i tanti spazi aperti, dove invece di scegliere il verde della natura hanno scelto il grigiore e l’anonimato del cemento, tanto cemento buttato a terra, che significa soldoni per pochi, è sul cemento che molte imprese e tecnici soprattutto hanno fatto fortuna in questo terremoto. E che dire della famosa casa di riposo per anziani, finita di costruire, arredata e pronta ma ancora chiusa perché, con ogni probabilità non ci sono anziani che ne hanno bisogno, una fortuna certo, ma il milione di euro servito alla sua costruzione poteva, a questo punto, essere impiegato per altro. Insomma una ricostruzione che ha fatto la fortuna di pochi a spese della collettività, il modello Molise appunto fallimentare su tutti i fronti.
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