“Servono altre cinque tessere a San Procopio e altre cinque a Sinopoli”, dice Domenico Laurendi, imprenditore legato al clan, parlando al telefono con Antonio Alvaro, esponente di spicco della cosca.
E il boss della ‘ndrangheta: “…Quando ti ho detto io che ne facciamo quante ne vuoi, tu mi hai detto no”. Nell’ordinanza di custodia cautelare della Dda di Reggio Calabria contro la cosca Alvaro c’è un capitolo intero dedicato al meccanismo delle tessere di partito. A spingere per le tessere dell’Mpa è l’ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo. Ma nell’incartamento degli investigatori sono finiti altri nomi noti della politica calabrese. Come quelli di Pasquale Maria Tripodi, all’epoca dei fatti consigliere regionale nel gruppo misto; Domenico Rositano, Udc, Cesare Zappia assessore comunale di Bagnara.
Si legge nell’ordinanza: “Le conversazioni intrattenute non solo da Laurendi Domenico, ma anche da altri personaggi sottoposti ad analoga attività di intercettazione nell’ambito del presente procedimento penale hanno infatti consentito di acquisire numerosi riscontri circa la consolidata prassi utilizzata da personaggi politici locali al fine di accaparrarsi un peso politico fatto di ‘voti’ ovvero tesseramenti che, agli occhi di chi poi dovrà fare le scelte per eventuali candidature, costituiscono un patrimonio virtuale in occasione delle eventuali consultazioni elettorali. Nella pratica di ‘tesseramento’ il soggetto politico si pone nella condizione di chiedere ad un imprenditore, che a sua volta può vantare significative aderenze con numerosi soggetti appartenenti alla criminalità organizzata – quale certamente può essere considerato il Laurendi Domenico -, di fornirgli quella ‘dote’ necessaria affinchè egli stesso possa poi essere scelto dagli organi superiori di partito”.
“Ciò a dimostrazione di come la ‘ndrangheta – è scritto nell’ordinanza della Dda – ponga in essere a vari livelli tentativi di avvicinamento ed infiltrazione nei gangli del potere politico: tuttavia, mentre per Palermo Rocco sono stati acquisiti elementi probatori per sostenere che tale attività ha avuto un seguito ed una contropartita nell’asservimento della carica di sindaco agli interessi della cosca, a carico degli altri politici sopra indicati non sono emersi elementi sufficienti ad integrare condotte penalmente rilevanti”.
”È un obiettivo strategico per le cosche della ‘ndrangheta condizionare la politica. Ma il cittadino deve nutrire fiducia nei confronti delle istituzioni, così come è altrettanto necessario che chi è chiamato a responsabilità pubbliche eserciti con chiarezza il proprio ruolo” ha detto il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho illustrando i particolari dell’operazione condotta dalla squadra mobile e dallo Sco.
”Gli arrestati – ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino – sono elementi di primissimo piano nella gerarchia della ndrangheta tant’è che il defunto boss Domenico Alvaro veniva informato quasi in tempo reale dei cambiamenti degli organigrammi decisi a Polsi dalla ‘ndrangheta. Un ruolo importante, direi strategico, è stato assunto da Cosimo Alvaro, figlio di ‘massaru Micu’, indagato nel processo ‘Meta’, che allarga la propria sfera di attività nella città di Reggio Calabria con l’accordo delle cosche principali: Tegano, Condello, De Stefano, in un insieme strategico che, con i Piromalli, è in grado di condizionare ogni strategia criminale in Calabria e non solo, aprendo rapporti con pezzi della politica, imprenditori, professionisti disponibili con l’obiettivo di facilitare l’accesso ai lavori pubblici ed agli appalti, utilizzando imprenditori disponibili come Domenico Laurendi, la cui impresa è riuscita ad ottenere il subappalto per la manutenzione di tutta la rete stradale del versante tirrenico reggino di competenza della Provincia. Altro aspetto caratteristico dell’operazione è produrre tesseramento per qualche movimento politico. Le indagini hanno fatto emergere i contatti tra Domenico Laurendi ed il sindaco di Bagnara Cesare Zappia, e i tentativi di avvicinare il consigliere regionale Pasquale Maria Tripodi e tale Francesco Rositano, ex Mpa, senza che comunque si siano riscontrati responsabilità penalmente”.
Per il questore Guido Longo, ”è necessario creare uno sbarramento normativo efficace per regolare inequivocabilmente l’affidamento dei subappalti, dei così detti noli a freddo o a caldo, altrimenti quello che possiamo definire una sorta di ‘favoritismo bilaterale’ sarà difficile non solo da debellare, ma persino da contenere efficacemente”. Gennaro Semeraro, dirigente della squadra mobile, ha sostenuto che ”l’operazione è basata essenzialmente sul lavoro investigativo puro, su intercettazioni ambientali e telefoniche”. ”Le cosche – ha concluso Prestipino – non potranno mai rinunciare al rapporto con la politica altrimenti perderebbero il connotato mafioso”.
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