L’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati resta a Reggio Calabria. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano rettifica quanto annunciato dal viceministro Filippo Bubbico, due giorni fa a margine di un’audizione in commissione Antimafia, che nel Ddl che riorganizza l’Agenzia era prevista una sede unica a Roma.
“Non ci penso neanche” a cambiare, dice il titolare del Viminale, “non ci sono tagli o spending rewiew che tengano, i simboli devono restare tali”. E dunque, “Reggio Calabria non si tocca, la sua cancellazione non esiste. E’ questa la linea che sosterrò”. Alfano ricorda poi: “ero presente al Consiglio dei ministri che istituì l’Agenzia e fui promotore di questa iniziativa”.
Contro la decisione di spostare la sede dell’Agenzia si era schierato, ieri, il governatore dimissionario della Calabria Giuseppe Scopelliti. “Alfano oggi ha posto la parola fine a uno scellerato progetto avanzato da alcuni esponenti del Pd – dice oggi Scopelliti – La presenza di questa struttura sul territorio per noi è più di un segnale, è un vero e proprio presidio nella lotta alla criminalità organizzata nella terra della ‘ndrangheta”. L’agenzia, prosegue, “non va spostata, o tanto meno frazionata su più città. Semmai va rafforzata, rivedendo anche la legislazione sui beni confiscati”.
Il ddl messo a punto da Interni e Giustizia, che dovrebbe approdare al prossimo Cdm, arriva a quattro anni dalla nascita dell’Agenzia con l’obiettivo di ridisegnare profondamente un organismo nato con buone intenzioni ma che, nella pratica, ha dimostrato serie criticità che ne hanno rallentato il lavoro e ridotto l’efficacia.
Il provvedimento – ‘Misure per rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata ed ai patrimoni illeciti’ – contiene anche l’introduzione del reato di autoriciclaggio e nuove norme sullo scioglimento degli enti locali infiltrati dalle mafie.
All’Agenzia afferiscono quasi quotidianamente patrimoni alle mafie confiscati: gli ultimi dati parlano di 11.238 immobili e 1.708 aziende. Sono soprattutto queste ultime a far emergere negatività, con il fallimento dello Stato ‘manager’. Accade infatti spesso che le aziende, floride fin quando stanno in mani criminali, si sgretolino nel momento in cui le prende lo Stato. Per evitare ciò, il Governo prevede una separazione tra proprietà e gestione.
“Bisognerà distinguere – ha spiegato nei giorni scorsi Bubbico – gli assetti produttivi dalla proprietà per evitare che le aziende muoiano durante l’amministrazione giudiziaria. Quando un’azienda ha potenzialità, ma è inquinata dalle mafie, deve esserne liberata ed affidata a terzi con procedura di evidenza pubblica oppure assegnata ai lavoratori”.
Saranno inoltre più selettivi i criteri per accedere all’Albo degli amministratori giudiziari dei beni confiscati e ciascun amministratore non potrà avere più di un incarico. A guidare la struttura, sempre secondo quanto anticipato da Bubbico, sarà un “comitato direttivo cui prenderanno parte anche rappresentanti del ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, mentre la presidenza del Consiglio darà gli indirizzi”.
L’altra novità di rilievo che era prevista era, appunto, la sede unica a Roma. Con il dietrofront di Alfano, l’organismo dovrebbe dunque rimanere come era e cioè con la sede principale a Reggio Calabria e sedi distaccate a Roma, Palermo, Napoli e Milano.