Sono pienamente d’accordo col Procuratore Gratteri. Pienamente d’accordo per il semplice fatto che chi combatte la criminalità ne conosce le dinamiche e gli effetti e soprattutto, con criterio analitico, può individuare chi può coadiuvare lo Stato e chi può essere influenzato diversamente.
C’è una logica di base che dobbiamo sottolineare, fondamentale: non tutti abbiamo la capacità di effettuare un’analisi critica della fiction e rimanere estranei al potenziale retorico del contenuto!
Questo perché Gomorra, o altri format italiani e stranieri, diventano il principale intrattenimento dei pubblici, soprattutto giovani, delle aree depresse in cui manca l’anatomia educativa. Se tre Magistrati: Gratteri, Borrelli e Cafiero De Raho parlano di emulazione della rappresentazione pericolosa, un motivo ci sarà!
Non è una critica cinematografica che lascia spazio alla filosofia e all’approfondimento della sceneggiatura, della fotografia o dell’ambientazione, no! Qui si parla di trasposizione della realtà già condizionata da fattori sociali negativi. Chi parla di cinema d’inchiesta, narrativo e reale, sbaglia! sbaglia perché omette le basi della materia pedagogica in cui sono descritte, per tutte le età, le volontà di immedesimarsi nel mito.
Quanto allora si bada alla divulgazione e quanto all’interesse economico mosso dalla macchina di Murdoch?
Come mai non si pensa a una produzione sul fascino di San Gregorio Armeno, sulle ceramiche di Capodimonte o sulla cappella di Sansevero? forse perché queste ricchezze di Napoli, che passano in secondo piano, non muovono gli stessi affari?
Credo nella buona fede del cast di Gomorra e sono certo che il loro talento potrebbe essere investito anche nella spettacolarizzazione delle potenzialità campane. Anche per coinvolgere le periferie più bisognose di cultura.
Parliamo dei libri di Saviano, consentiamo che questi vengano letti, promuoviamoli e promuoviamo alla lettura sempre ma non trasformiamo il dramma in uno strumento facilmente emulabile e privo di catechesi laica.