A Catania c’è un murales, un murales dedicato ad un boss della mafia.
“Eri il nostro orgoglio sulla terra, ora sei il nostro angelo in paradiso”.
E ancora: “Anche se l’invidia e il tradimento ti hanno ucciso sei sempre qui con noi”.
Questo c’è scritto.
Si tratta di un murales dedicato a Sebastiano “Ianuzzu” Fichera.
L’uomo, già pregiudicato e in passato coinvolto nell’operazione “Idra”, venne ucciso nell’agosto 2008 in una via del popolare quartiere catanese di “Nesima”.
Un’esecuzione in piena regola, secondo gli investigatori, “commissionata” dai vertici del clan “Sciuto” per punire i fiorenti affari, legati alla droga, che la vittima aveva intrapreso da qualche tempo con la cosca dei “Cappello” e in particolare con alcuni esponenti di punta come il boss, poi diventato collaboratore, Gaetano D’Aquino.
Il murale, realizzato su un muro di una piazzetta adiacente l’abitazione di Fichera è stato fotografato dagli inquirenti dopo l’omicidio e acquisito agli atti del processo stralcio scaturito dall’operazione “Revenge III”, che si celebra ora con il rito ordinario.
Per scoprire mandanti ed esecutori dell’omicidio gli inquirenti hanno registrato intercettazioni anche davanti alla tomba del boss.
Presunte rivelazioni e ammissioni sono state captate proprio sulla tomba della vittima.
“Sono stati i suoi stessi compagni” si sfogò la vedova, e ancora “A Sebastiano se l’è fatto la sua squadra”.
Frasi, che la stessa, ha detto di non ricordare, giustificandole, durante l’audizione a processo, come dirette conseguenze del suo stato d’animo, segnato dal lutto.
“Iniziammo – spiegano gli inquirenti al processo – ad intercettare le voci al cimitero il 13 settembre 2008, poi istallammo una telecamera il 30 settembre riuscendo ad associare voci e volti”. (fonte: live sicilia)