- Dall’indagine emergono assetti organizzativi eterogenei che non comunicano tra loro
- I servizi informatici sono pressoché inesistenti e l’azione di Anpal è inefficace
- Per la Corte è necessario fornire servizi integrati e omogenei su tutto il territorio nazionale
Il quadro tracciato dai magistrati della Corte dei Conti sul funzionamento dei Centri per l’Impiego italiani è poco lusinghiero. I Cpi usano approcci e metodologie differenti e sono incapaci di dialogare tra loro, manca una piattaforma nazionale, che consenta l’incrocio dei dati e la stessa azione di Anpal, l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, appare poco incisiva e rallentata dalla sua organizzazione eterogenea.
L’indagine della Corte dei Conti
L’obiettivo dell’indagine, condotta dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti era quello di verificare il funzionamento della rete dei centri per l’impiego, le risorse assegnate alle Regioni, il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, la definizione degli standard e degli indicatori dei servizi, gli obiettivi programmati ed i risultati raggiunti.
Ne è emerso uno scenario sconfortante con una palese incomunicabilità tra domanda e offerta di lavoro a livello nazionale, che preoccupa ancora di più se si pensa all’imminenza del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e ai suoi interventi (la Missione 5 “Inclusione e coesione” ha previsto diversi programmi per la partecipazione al mercato del lavoro, per la formazione e il rafforzamento delle politiche attive e dei Centri per l’impiego).
È evidente che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe se si pensa che, secondo l’Employement Outlook 2021 dell’Ocse, solo il 18% dei disoccupati italiani si è rivolto a un Centro per l’impiego pubblico per trovare lavoro dopo la pandemia, contro una media europea del 41%.
Ancora oggi chi è in cerca di un lavoro preferisce affidarsi al passaparola, ai siti web dedicati e ad agenzie private, piuttosto che rivolgersi ai Centri per l’Impiego per trovare un’occupazione.
Un sistema carente e un’azione di monitoraggio poco efficace
L’analisi della Corte dei Conti ha messo in luce tutte le carenze del sistema dei servizi per il lavoro, rimarcando la necessità di uniformare gli standard e assicurare una maggiore omogeneità dei servizi erogati in tutto il Paese.
Come si legge nella relazione della Corte è “essenziale una definizione chiara di misure, interventi e regole che, pur consentendo il dovuto margine di flessibilità richiesto dalle specificità territoriali, analizzate nella relazione secondo i diversi profili di utenza, sia coordinata dal livello centrale, al fine di assicurare sia una maggiore rispondenza dell’operatività dei Centri per l’impiego alle esigenze regionali, che fornire servizi omogenei su tutto il territorio nazionale”.
Nonostante Anpal abbia avviato un processo di trasformazione digitale per favorire l’interscambio dei flussi documentali, ancora non presenta un’adeguata dotazione informatica e la sua attività di monitoraggio appare del tutto inadeguata (gli ultimi rapporti annuali risalgono al 2017).
Secondo la Corte i sistemi attualmente in uso “dovrebbero essere integrati e interoperabili per garantire i Livelli essenziali di prestazione con una logica di case management. Rispetto alla specificità di ciascun utente, occorre che, con il coordinamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, vengano predisposti percorsi individuali di orientamento alle politiche attive previste nel sistema regionale; effettuando un monitoraggio costante del mercato del lavoro, attraverso una più incisiva campagna di informazione e di comunicazione (anche coinvolgendo il partenariato economico sociale), e garantendo servizi specializzati anche a favore delle categorie a rischio”.
Secondo l’indagine “particolare attenzione dovrà essere rivolta ai giovani in transizione scuola-lavoro, ai lavoratori in mobilità o in esubero nonché ai lavoratori con caratteristiche soggettive di svantaggio sociale”.
La mancata conoscenza del mercato del lavoro, a causa appunto dell’inefficace azione di monitoraggio condotta da Anpal, impedisce dunque che i Centri per l’impiego siano “l’anello di congiunzione per un’occupazione sostenibile e per una collocazione lavorativa ideale”.
Cosa è stato fatto fino ad ora
Un piccolo passo avanti è stato fatto con l’avvio di un sistema integrato di rilevazione delle opportunità occupazionali (“Moo – Mappatura Opportunità Occupazionali”), che ha consentito di caricare i dati relativi a 2,3 milioni di sedi produttive di aziende, utili per migliorare l’incontro tra domanda e l’offerta di lavoro da parte dei Centri per l’Impiego.
Con riferimento alla misura del Reddito di cittadinanza ad ottobre 2020 si registrava un numero complessivo dei beneficiari soggetti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro pari a 1.369.779, numero che scende a 352.068 se si considerano coloro che hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di RdC.
Il 65% dei soggetti ha firmato un contratto a tempo determinato, il 15,4% un contratto a tempo indeterminato e il 4,1% un contratto di apprendistato; il 69,8% dei contratti a tempo determinato ha una durata inferiore ai 6 mesi, mentre una quota del 9,3 % ha superato il termine annuale.
I contratti di lavoro hanno riguardato soprattutto professioni non qualificate nel commercio e nei servizi, professioni qualificate nelle attività ricettive e della ristorazione e solo in minima parte hanno interessato il settore metalmeccanico-artigiano.
Con riferimento alle vacancies sono stati resi disponibili 477.466 posti e le iniziative dei Navigator presso le imprese, per la rilevazione dei fabbisogni produttivi, hanno portato alla realizzazione di 588.521 interventi; sono state individuate 29.610 opportunità occupazionali corrispondenti a 56.846 posizioni professionali, di cui il 68% deriva da fabbisogni per un aumento del carico di lavoro, mentre il 22% per turnover.
I dati relativi ai livelli di istruzione e all’indice di profiling evidenziano la quasi totale assenza di condizioni di occupabilità soprattutto nelle regioni meridionali. Si assiste infatti a un vero e proprio scollamento tra domanda e offerta di lavoro, con difficoltà di reperimento di alcune figure altamente specializzate che in alcune regioni ha raggiunto livelli record.
Occorre rafforzare l’organico dei Cpi e investire in infrastrutture tecnologiche
Per risollevare le sorti di un sistema, che al momento fa acqua da tutte le parti, oltre a un più efficace collegamento tra mondo dell’istruzione e imprese, è necessario investire nel rinnovamento logistico e della dotazione informatica.
Inoltre, serve un’azione rinnovatrice sul piano del personale dei Centri per l’impiego, spesso poco qualificato e dotato di competenze non del tutto adeguate, con nuove assunzioni e formazione specialistica.
Secondo la Corte dei Conti è necessario puntare su “figure professionali più specifiche quali orientatori, psicologi, informatici, esperti in consulenza aziendale e mediatori culturali”.
Per questo motivo è stato lanciato un imponente piano di assunzioni nei Centri per l’Impiego in tutta Italia (previste 11.600 assunzioni), che però stenta ancora a decollare.
L’indagine completa è consultabile qui.
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