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Siamo un popolo solo. E sulle nostre spalle hanno caricato i rifiuti tossici
30 Ott 2013 10:12

Desiderio di bene. Di verità. Di libertà. Ogni uomo li porta in cuore. Anche quando non lo sa. Anche quando li confonde. Desiderio che diventa bisogno. Dovere. Impegno. Impegno che si fa pressante. Le terre campane sono allo stremo. Ormai lo sanno tutti, grazie – soprattutto – alle inchieste e ai titoli di “Avvenire” in questi ultimi 15 mesi. Uomini vigliacchi e infidi, per bramosia di denaro, ci hanno avvelenato la terra, l’acqua, l’aria.

E tutto questo non è stato fatto ieri. Sono quasi trent’anni che la Campania è diventata lo «sversatoio d’Italia». Rifiuti industriali terribilmente tossici e nocivi sono stati interrati o dati alle fiamme. I fumi neri, irrespirabili, sono sotto gli occhi di tutti e nelle narici di noi che viviamo questa terra. Le discariche a cielo aperto, mille e mille volte fotografate e denunciate, stanno ancora là. Tonnellate di pericolosissimo amianto sbriciolato vengono gettate ai bordi delle strade o nei sentieri di campagna. Tutto questo si sente, si respira e si vede.

Ma ancora più grave è quello che non si vede. A Caivano, a Casale di Principe, a Qualiano stanno venendo alla luce bidoni pieni di veleni interrati da qualche decennio in campi coltivati. La gente è nel panico. La paura è tanta. Le patologie tumorali aumentano a dismisura. Le persone muoiono. Lo Stato è lento. Negligente. Pigro. La gente non ne può più. Si ribella. Alza la sua voce. I giovani si riuniscono in comitati. Scendono in piazza. Non c’è paese che in questi mesi non abbia visto una manifestazione. I convegni si moltiplicano. li inviti si accavallano. I volontari crescono di numero, di qualità, di attenzione. Crescono di competenze e di entusiasmo. Si superano i confini. Le province di Napoli e Caserta si ritrovano unite. I vari centri si gemellano. Siamo un popolo solo. Un popolo sulle cui spalle è stato caricato un giogo insopportabile. Anche le scuole scendono in campo. Ma le amministrazioni comunali, che lamentano mancanza di fondi e di personale, non ce la fanno. Lo hanno confessato mille volte. Inutile perdere ancora tempo. Non ce la fanno a proteggere il territorio da un avversario vigliacco e assassino. Che, veloce come il fulmine, si muove di notte, seminando morte e distruzione. Occorre stare insieme. Lavorare. Con intelligenza e onestà.

In questi mesi qualcosa di bello è successo. È nato un “Coordinamento di comitati“. Avvocati e medici. Ingegneri e gente comune. Tavoli tecnici per sviscerare il problema e tentare di dare soluzioni. Certo, perché dopo la protesta viene – deve venire – la proposta. Il movimento che è nato spontaneo dalla disperazione di tanta gente e che ha visto accanto a sé la presenza costante della Chiesa, rischia di essere inficiato. O, meglio, come già ci aspettavamo, fa gola a tanti che vorrebbero cavalcarlo per motivi meno nobili di chi lo ha fondato. Succede sempre così. I cortei fanno gola a tanti. Le persone per alcuni sono solamente numeri. Può succedere – ma stavolta non deve assolutamente succedere – che un movimento bello, trasparente, fatto di volontari che ci rimettono tempo, soldi, salute, possa finire per essere strumentalizzato. In questo caso perderebbe tutta la sua forza. Tutta la sua bellezza. Perderebbe la capacità di parlare alle giovani generazioni. e tutto diventa interesse, nessuno più ha una parola da dire. Se chi marcia accanto a te non lo fa con la tua stessa intenzione, per le tue stesse idee, con la tua stessa passione, è meglio che non venga. Rimanga a casa sua come ha fatto fino a oggi. Farà meno danni. Il nostro è un movimento non violento, che crede nella forza del dialogo con le istituzioni. Un dialogo faticoso, lungo, estenuante, ma necessario. Altra strada non c’è. Almeno per noi.

E ha le idee ben chiare per quanto riguarda le soluzioni. Innanzitutto, occorre avere una mappa certa dei terreni avvelenati, di modo che si possa continuare a coltivare con serenità i terreni sani e togliere alla care mamme l’ansia di non sapere se il cibo che hanno tra le mani nutra o avveleni i loro figlioli. Poi, occorre avere la tracciabilità di tutti i veicoli che entrano in Campania. Non è possibile che un Tir attraversi mezza Italia con un carico di morte senza che venga bloccato. Le campagne a rischio debbono essere videosorvegliate. Bisogna pensare alle bonifiche e inasprire le pene per chi inquina, impedendo che questi reati odiosi cadano in prescrizione. Occorre vegliare per non permettere agli avvelenatori di trasformarsi in “bonificatori”.

Infine, occorre fare immediatamente chiarezza sul nesso di causalità tra rifiuti tossici e aumento di patologie tumorali in Campania. Lasciare liberi i movimenti di risveglio popolare da ogni tentativo di accaparramento politico è un bene per tutti.


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