L’artista di cui vi racconterò, rappresenta il senso più laicamente sacro che l’arte può esprimere nella sua essenza, che non è rara ma si smarrisce nell’infinito mondo del web.
Sergio Pennavaria, siracusano di nascita e ligure di adozione, è un pittore, attore e cantautore che dopo mille esperienze è riuscito a donare, ai ricercatori di musica di qualità e alla canzone italiana, due album in cui c’è la teatralità dell’attore che si immedesima nei versi e nelle note delle canzoni e di un pittore con cui dipinge le storie che racconta attraverso le atmosfere sonore.
Sergio Pennavaria è stato uno dei primi artisti indipendenti italiani che mi diede fiducia inviandomi “Senza lume a casaccio nell’oscurità”, all’inizio della mia avventura nel mondo della musica italiana indipendente.
“Senza lume a casaccio nell’oscurità”, il suo primo album, dal titolo che può sembrare strano ma che ricorda la vita precaria della stragrande maggioranza degli abitanti di questo mondo, veloce e superficiale, e che arrivò come un fulmine a ciel sereno durante la ricerca incessante tra le varie proposte discografiche.
Nel tempo ho capito che un album, imprigionato in un supporto come un compact disk, diventa patrimonio culturale: quando fotografa un periodo storico ed in alcuni casi anche meglio di un libro di testo e riesce a scuotere le coscienze. Questo è “Senza lume a casaccio nell’oscurità” uscito nel 2015 è che, ancora oggi rappresenta una pietra angolare nella nuova musica italiana che resta sommersa sotto tanti prodotti commerciali camuffati da singoli, album ed ep.
Dopo un silenzio che ha fatto tanto rumore tra i numerosi “seguaci” della musica di Pennavaria, il cantautore rompe il silenzio con “Ho più di un amo nello stomaco”, un album in cui c’è tutto: dalla disperazione alla storia umana per passare all’amore in cui l’arte è protagonista.
Sergio riesce così a fare un gran rumore attraverso l’utilizzo delle parole come colori: da quello più tenebroso della disperazione a quelli vivaci della libertà e della rivalsa come solo le anime anarchiche riescono ad immaginare e incorniciando il tutto su un palco di un teatro (come nella presentazione del Festival di “Su la testa!” ad Albenga) in cui emoziona raccontandoci le verità del mondo dove si torna all’essere umano che cerca fortuna e perde tutto o dell’uomo che trova la pace conquistando la libertà. (leggi anche l’articolo “Su la testa: dove nasce la libertà”)
Insomma, Sergio Pennavaria è tutto quello in cui l’arte nasce e si rigenera resistendo e lui come un cavaliere senza paura la difende attraverso il dono della bellezza.
Il dono di Pennavaria è quello di mostrarci la bellezza, vera e allo stesso tempo violenta, cinica e dolce come solo la natura e la stessa arte riescono a metterci davanti.
Chi ama la musica, la rispetta, chi litiga con il suo autoradio nelle poche volte in cui gira la manopola alla ricerca di qualcosa di interessante, attraverso Sergio Pennavaria potrà trovare quello che cerca: un ritorno alla musica e alla canzone che racconta, dipinge ed interpreta storie.
Sergio Pennavaria riesce ad essere, anzi, dovrebbe essere un punto di riferimento per chi vuole fare una canzone e lui, attraverso la sua dedizione all’arte riesce ad insegnare il rispetto per la canzone.
Ecco, forse gli artisti che nascono in terre che collegano terre definite “di confine” come è quasi sempre rappresentata la Sicilia, hanno quel fattore umano che li trasforma in ponti ed è forse qui l’essenza del mondo che vorremmo. Non essere solo individui che occupano spazi ma essere ponti che collegano terre e persone: Sergio e la sua musica riescono ad essere questo..