Nasce da un’idea di Maria Maddelana Zara la rappresentazione della natività ambientata a Tratalias, paesino del Sulcis Iglesiente, in Sardegna.
Da quattro anni, con l’aiuto dei fratelli e del marito, Maddalena continua ad aggiungere dei “quadri” (come li definisce) che descrivono la vita nel piccolo borgo dal 1800 a metà del ‘900.
Le varie scene raccontano la vita quotidiana delle donne, degli uomini e dei bambini, i lavori e i giochi, un matrimonio e una natività “adattata” al tempo.
Stanze, oggetti e persone in miniatura, la lavorazione del formaggio, il macellaio, le donne che lavano i panni nel fiume, tessono o preparano pasta, formaggio e dolci.
Un ritorno al passato che permette a chi visita il presepe di capire un po’ di più sulle tradizioni dei piccoli paesini sardi.
“Mi sono piaciuti molto perché mi hanno ricordato la mia infanzia e tutti gli antichi mestieri che mi raccontavano i miei nonni, come il lavoro dei campi e quello delle donne, che dovevano riuscire a raccogliere il grano dalle spighe con i pochi strumenti che avevano e poi separare il grano dalla paglia.” Racconta Maria Antonietta Curreli, originaria di Giba, altro paese del Sulcis.
“Ho visto nei vari ambienti della casa tanti mobili antichi che mi hanno ricordato gli spazi dove ho vissuto con i miei nonni: la vecchia credenza e il vecchio tavolo della “camera da pranzo” (come la chiamavano loro), dove accoglievano i pochi ospiti che avevano.
Quando venivano nelle loro case delle persone che non accoglievano spesso, tiravano fuori il “servizio buono dei bicchieri” per offrire da bere. L’ospite era una persona benvenuta ed accolta nel migliore dei modi.”
Un esempio di tale accoglienza è riscontrabile in un aneddoto che racconta: “Avevo uno zio che viveva a Gonnesa e faceva il macellaio. La moglie, ogni giorno, doveva mettere sul fuoco una pentola come se dovessero sempre arrivare delle persone, perché lui, se passavano da lì persone che andavano per esempio ad Iglesias (andavano a piedi, non esistevano i mezzi), li invitava a pranzo a casa sua.
La sua casa era il punto in cui si fermavano per mangiare e riposare, e se vedeva dei parenti che arrivavano dal basso Sulcis, dalla mia zona, e non li vedeva da molto tempo (era un macellaio che aveva fatto una certa fortuna nel paese) gli regalava anche dei soldi. Mia nonna, con quei soldi, era riuscita a farsi “unu manteu”, la vecchia gonna che usavano le donne.”
Il presepe vuole raccontare come si viveva un tempo, fare in modo che le tradizioni non scompaiano, far sì che continui ad esistere una memoria.
Nonostante l’innovazione e la tecnologia questo territorio, e soprattutto i paesini, sono profondamente legati alle manifestazioni e alle tradizioni popolari.
Ciò è riscontrabile dal fatto che si continuino ad usare gli abiti tradizionali durante sagre o eventi particolari, dal perpetuarsi della produzione tessile e dall’artigianato in generale: abiti, intagli, ceramiche.
La peculiarità dei presepi di questa famiglia, quello di Tratalias come quello di Narcao, è quello di voler raccontare ciò che si è conosciuto, fare proprio il passato e far sì che continui, in qualche modo ad esistere, tramandare l’ospitalità che esisteva allora, la voglia di aiutarsi fra vicini, il sapere di poter contare anche su di loro e non solo sulla propria famiglia.
Racconta come si era felici con poco, con lo scambio di beni, un do ut des che ha permesso a questi paesini di andare avanti fieri delle proprie tradizioni.
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