Dopo il “Road to Sanremo” (leggi anche “Una storia da cantare: la serata su Lucio Battisti chiude il progetto road to Sanremo”) che ha visto storie di tre mostri sacri come De Andrè a Lucio Dalla Lucio Battisti raccontate in maniera superficiale, rieccoci a fare i conti con la festività laica del Festival di Sanremo giunto alla 70esima edizione con l’unica certezza che non vedremo nulla di nuovo nella kermesse oltre alla conduzione e alla direzione artistica l’ex dj Amadeus.
Non potremmo aspettarci altro che l’ennesima mercificazione della musica con un dopofestival a rischio dirottamento su Rai Play dopo le grandi edizioni passate condotte da maestri come Elio e le storie tese che sono stati gli unici a renderle davvero interessanti.
Non dobbiamo aspettarci nulla di buono, anzi, dovremmo prepararci con elmetti e paracolpi per annoiarci ancora una volta nella speranza di vedere qualcosa di buono.
Un festival che ormai si trascina da qualche anno dove gli artisti sono divisi in categoria Big e categoria giovani dove di molti Big non si sa neanche quale sia stato il loro percorso artistico in una disparità assurda nella musica italiana e dove nessuna canzone è rimasta nella storia dai tempi di Arisa con “La notte” scritta dall’erede artistico di Mogol, Giuseppe Anastasi.
Tengo a precisare che la musica italiana è fatta al 90% da indipendenti e non da “indie” (leggi anche “Musica: La fregatura Indie e il ritorno del mondo Underground”) dove gli artisti sono quelli che al giorno d’oggi trovano grandi difficoltà nel far ascoltare dal vivo la propria musica e si ritrovano molte volte a fare investimenti da capogiro visto che non esistono più etichette che investono i nuovi volti della musica.
Visti i tanti articoli che dedicano spazi ad indiscrezioni sul festival solo per avere qualche like in più ecco, allora, quale sarebbe opportuna come riforma.
Trenta artisti in gara senza comicità e interruzioni fuori dal contesto se non per parlare della storia della musica e della situazione attuale, dove gli artisti non si sfidano ma presentano al mondo intero (perché il festival di Sanremo è una vetrina della musica italiana per il mondo) la musica italiana contemporanea fatta di temi importanti come quella di Gabriella Martinelli e Lula (l’ex Ilva di Taranto) e dove vengono dati riconoscimenti per le migliori canzoni, i migliori testi, i migliori arrangiamenti e dove un premio della critica diventi un valore centrale della rassegna evitando una vittoria assoluta che non porta a nulla.
“Il carrozzone va avanti da sé” cantava Renato Zero e sembra proprio che la RAI ignori completamente quale sia la realtà e il mondo reale della musica italiana.
Quindi non dobbiamo lamentarsi sui social per il Sanremo che dovremmo aspettarci e che ci aspettiamo viste le passate edizioni, ma dovremmo chiedere alla direzione Rai se davvero questo può essere una vetrina per la musica italiana visto che prima il festival di Sanremo era conosciuto come “festival della canzone italiana” o dobbiamo ridurci a vedere prodotti camuffati da canzoni.
Ecco 30 che farebbero bene ad essere chiamati ad un festival fuori dal normale dove la canzone italiana è la vera protagonista: