Esiste un piatto della cucina abruzzese – e teramana, in particolar modo – che si chiama Scrippelle ‘Mbusse.
Scrippelle è il nome, ‘Mbusse il cognome.
Scrippelle, da sole, sono crepes. Un po’ più sottili delle cugine francesi.
‘Mbusse, che sembra un rotondo cognome della rigogliosa Africa nera, è invece il quarto di nobiltà riconducibile – secondo il grande giornalista (e sopraffino buongustaio) rosetano Luigi Braccili – a una sbadataggine di un povero inserviente di militari, nel lontano 1798.
Le Scrippelle ‘Mbusse dominano solitamente il pranzo domenicale. Si trovano, arrotolate ma all’asciutto, nel piatto fondo, quando vengono placidamente ingravidate dal caldo e saporito brodo, dando vita alla più saporita delle liturgie laiche del settimo giorno.
Se, il giorno prima, qualche manolesta dovesse avere la ventura di sgraffignarne alcune alla Nonna o alla Mamma intente alla preparazione – quando giacciono sul tavolaccio distese in forma tonda e magari ancora tiepide – che si sappia che sono buonissime anche “a secco”, oppure corrette con un po’ di formaggio grattugiato (e cioè abbigliate come prima di ricevere l’amato brodo) o addirittura, per gli amanti delle contaminazioni culinarie, imbottite con marmellata o Nutella.
Ma torniamo alla domenica, seduti di fronte al fumante piatto di Scrippelle (finalmente) ‘Mbusse.
L’estasi è padroneggiare la tecnica che permette di mangiarle in un sol morso: addentarle in senso orizzontale, piegare le volontà delle ali estreme al volere del grande centro e sottometterle alla ragion di stato, incorporandole con gioia.
Osservando tale protocollo operativo è possibile non sbrodolarsi e gustarle al meglio.
Sto non seriamente pensando di creare un corso su come mangiare correttamente le Scrippelle ‘Mbusse senza sbrodolarsi.
D’altronde, se raffinati intellettuali tengono corsi su come comprendere appieno la vita e godersela con gioia, questo è un corso imperdibile. Anche se tenuto da un cialtrone reo confesso come il sottoscritto :o)
Rubatemi tutto, ma non le Scrippelle ‘Mbusse.
E se proprio dovete, rubatemi tutto… ma lasciatemi almeno un prosciutto.
Anche a tavola, tutto è politica.
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