“Mauro Rostagno è morto perché non ha accettato di tacere. Ragionava e faceva ragionare. Stimolava la gente a uscire dall’oblio. Era un allenatore del coraggio. Non aveva mai smesso di credere che i sogni si possono realizzare”.
L’ha detto l’avvocato Enza Rando, parte civile in rappresentanza di Libera, nella sua arringa al processo in corso in Corte di assise a Trapani per l’omicidio del giornalista e sociologo, assassinato a Valderice il 26 settembre 1988.
Per l’avvocato Stefano Vivacqua (parte civile Regione siciliana), Rostagno è stato “ucciso dalla mafia in terra di mafia” e “tutto il resto sono fandonie che si assommano a tutte le fandonie che abbiamo ascoltato negli ultimi 50 anni ogni volta che c’è stato da processare qualcuno che ha contribuito in mille modi a sconquassare il tessuto civile del nostro Paese”.
Vivacqua ha poi definito il guru Francesco Cardella, negli anni Novanta indagato per il delitto, un “mattacchione”, ma avulso da logiche criminali connesse all’omicidio Rostagno.
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