Dai 421 miliardi del 2006 si è passati ai 543 del 2012: gli investimenti esteri in Italia sono ancora al lumicino. Così il governo corre ai ripari. Ha messo a punto un piano acchiappa investitori che si concretizzerà a settembre. Il progetto si chiama “destinazione Italia” e al momento vede seduti attorno ad un tavolo snello i rappresentanti del ministero degli Esteri, dello Sviluppo e della presidenza del Consiglio. Avranno due-tre mesi di tempo per mettere a punto proposte normative e regolamentari per favorire gli investitori esteri. Contemporaneamente è prevista una riorganizzazione delle strutture che attualmente lavorano al progetto.
Il nodo è arrivato sul tavolo del Consiglio dei ministri per una prima lettura. “Abbiamo raccontato un’iniziativa che ora comincia e coinvolge i ministeri: un progetto specifico ‘Destinazione Italia’ per attrarre investimenti esteri in Italia, che sono troppo scarsi”, ha annunciato il premier Enrico Letta al termine della riunione a Palazzo Chigi. Il piano, in concreto, potrebbe arrivare già a settembre.
“È un passo importantissimo – ha commentato il presidente del Comitato Investitori Esteri di Confindustria e Presidente di Eni, Giuseppe Recchi – per correggere quei fattori dell’ organizzazione e della burocrazia del nostro Stato che più scoraggiano oggi le imprese a insediarsi in Italia”. Novità potrebbero arrivare anche per il cosiddetto “Desk Italia“, fortemente voluto dall’ex premier Mario Monti per creare uno sportello di riferimento unico alle imprese e istituzioni straniere che desideravano puntare sull’Italia. Avrebbe un ruolo di coordinamento tra le varie iniziative ma un ruolo centrale, operativo, tornerebbe ad essere affidato a Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.
Già perché il made in Italy è comunque appetibile, come dimostrano le recenti acquisizioni di marchi di prestigio, da Pernigotti a Loro Piana. Ma l’idea è quella di trasformare le società italiane da prede a risorse per investire. Attraverso strumenti facilitatori. E’ il caso del contratto di sviluppo che ad esempio ha portato la Rolls Royce a investire 40 milioni ad Avellino, e la Unilever 35 milioni a Caivano. Oppure dell’accordo per lo scambio di informazioni firmato pochi giorni fa da Invitalia e la società di investimento Vtb Capital, il secondo più grande gruppo finanziario della Russia. Certo l’attrazione di investimenti passa soprattutto attraverso la sburocratizzazione.
Ma, in un momento di grande difficoltà per il mercato del lavoro, gli investimenti esteri potrebbero essere un ulteriore volano di sviluppo. Gli ultimi dati segnano che le imprese con partecipazione o controllo esterno in Italia sono 8.916, hanno movimentato un fatturato di 543 miliardi e dato impiego a 1.138.947 lavoratori, una realtà certamente da non trascurare.
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