Il 9 maggio del 1978, nello stesso giorno in cui a Roma fu ritrovato il corpo di Aldo Moro, la mafia uccise Peppino Impastato, giornalista e attivista siciliano, noto per le sue denunce contro cosa nostra, soprattutto usando come megafono Radio Aut, emittente libera e autofinanziata.
A distanza di 39 anni dal suo assassinio – con il tentativo di farlo passare come suicidio mentre stava preparando un atto terroristico – la lotta di Peppino Impastato rappresenta ancora oggi un modello di lotta attiva contro l’illegalità, così forte da giudicare e disprezzare perfino i legami di sangue. Peppino, infatti, era il nipote di Cesare Manzella, uno dei capimafia della Cinisi del dopoguerra, assassinato nel 1963 con un ordigno piazzato in un Alfa Romeo Giulietta che esplose appena il boss la mise in moto.
La vicenda di Peppino Impastato è anche paradigma delle difficoltà avute dalla Verità a trovare lo spazio che merita nella Giustizia. Ecco l’iter:
- Maggio 1984: l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere istruttore Rocco Chinnici, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.
- 1986: Il Centro Impastato, nel libro ‘la mafia in casa mia’ e nel dossier ‘Notissimi Ignoti’, indica come mandante del delitto di Peppino il boss Gaetano Badalamenti, condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga negli Stati Uniti d’America.
- Gennaio 1988: il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 lo stesso tribunale decide l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.
- Maggio 1994: il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, sostenuto da una petizione popolare, chiedendo l’interrogazione di Salvatore Palazzolo, collaboratore di giustizia e affiliato alla mafia di Cinisi.
- Marzo 1996: la madre di Peppino (Felicita) e il fratello (Giovanni) presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, come il comportamento dei Carabinieri subito dopo il delitto.
- Giugno 1996: inchiesta riaperta, dopo che Palazzolo indica in Gaetano Badalmenti il mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, insieme al suo vice, Vito Palazzolo.
- Novembre 1997: Emesso ordine di cattura per Gaetano Badalementi, incriminato come mandante del delitto.
- Marzo 1999: si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo. La posizione di Badalamenti, invece, viene stracciata.
- Novembre 1999: Gaetano Badalamenti rinuncia all’udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.
- 6 Dicembre 2000: approvazione di una relazione della Commissione Parlamentare Antimafia sulle responsabilità di rappresentanti dalle istituzioni nel depistaggio delle indagini, tra cui quelle dei maggiori dei Carabinieri Tito Baldo Honorati e Antonio Subranni e del maresciallo Alfonso Travali.
- 5 maggio 2001: la Corte d’Assise condanna a 30 anni di reclusione Vito Palazzolo per l’omicidio di Impastato.
- 11 aprile 2002: Gaetano Badalamenti condannato all’ergastolo.
Insomma, un’attesa lunga 24 anni per punire i responsabili.
Impastato, inoltre, dovette anche fare i conti con la mentalità accondiscendente del padre, come si evince perfettamente in ‘100 passi‘, il famoso film diretto da Marco Tullio Giordana con protagonista l’attore palermitano Luigi Lo Cascio.
Tra le frasi più citate di Peppino Impastato ce ne sono soprattutto due, entrambe molto signficative.
Eccole:
- “La mafia uccide, il silenzio pure“.
- “Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”.
-Infine, ecco uno dei celebri discorsi di Peppino Impastato, durante il suo programma Onda Pazza, seguitissimo, in cui il siciliano denunciò i mafiosi locali che, con la complicità dei politici, gestivano gli appalti pubblici a Cinisi e dintorni.
https://www.youtube.com/watch?v=I5XTj72skCc
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