Ieri, come si sa, il 68,82% degli italiani (compresi quelli che vivono all’estero) non ha partecipato al referendum sulle ‘trivelle’, bocciando così l’esito della consultazione e preservando così la possibilità di usufruire dei giacimenti di gas naturale e petrolio in mare fino al loro esaurimento, pur “nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
Un risultato che, com’era prevedibile, ha scatenato dure reazioni politiche, alla luce del fatto che – come sottolineato, ad esempio, dal campano Luigi Di Maio del M5S – il referendum “è diventato l’ennesimo terreno di scontro tra bande del PD. Quando i cittadini lo hanno capito, quando hanno visto che non si stava discutendo più di trivelle ma di correnti che si battevano una contro l’altra, lo hanno snobbato”.
Sì, perché non si può non sottolineare lo scontro prima, durante e dopo tra il PD ‘fedele’ a Matteo Renzi e tutti gli altri DEM, tra cui spicca la figura di Michele Emiliano, governatore della Puglia e uno dei massimi ‘sponsor’ del referendum di ieri, ritenuto tra i ‘perdenti’ dal Presidente del Consiglio nel discorso delle 23.01 di ieri (pur se non è mai stato nominato).
Al netto, però, delle controversie politiche che hanno avuto la colpa di spostare l’attenzione del referendum dal mare alle segreterie, non si può non rimarcare il dato dell’astensionismo, figlio di diversi fattori: il fisiologico atteggiamento di chi non va a votare (quasi) mai; il disinteresse nei confronti del tema del quesito; la scelta consapevole di non andare alle urne per non permettere il raggiungimento del quorum (come sponsorizzato, ad esempio, dallo stesso Renzi e legittimato costituzionalmente dal Presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano).
E l’astensionismo ha avuto i suoi picchi soprattutto al Sud, nonostante il proverbiale attaccamento al ‘mare’ e la presenza di personaggi forti, come il già citato Emiliano (in Puglia, ad esempio, non si è raggiunto, al contrario delle previsioni, il quorum).
Ecco com’è andata, Regione per Regione:
1. Campania: 26,13% (la città dove si è votato di più è stata Avellino – 29,79% – la meno Caserta – 24,51%);
2. Puglia: 41,65 (Bari 42,23% – Foggia 36,08%);
3. Basilicata: 50,16% ( Matera 52,34% – Potenza 49,02%).
4. Calabria: 26,69% (Cosenza 29,95% – Vibo Valentia 23,07%).
5. Sicilia: 28,40% (Trapani 33,30% – Caltanissetta 22,50%).
6. Sardegna: 32,34% (Oristano 36,03% – Ogliastra 25,34%).
Singolare naturalmente il caso della Basilicata, dove il quorum è stato raggiunto e la motivazione è facile da trovarsi: l’inchiesta della Procura di Potenza sul petrolio che ha naturalmente scosso gli animi.
Nel resto delle Regioni del Sud, invece, l’astensionismo ha ‘trionfato’. Eppure, oltre alle già citate Basilicata e Puglia, tra i 9 Consigli Regionali che hanno promosso il referendum c’erano anche la Sardegna, la Calabria e la Campania: segno di uno scollegamento tra la volontà politica il territorio che deve far riflettere sul rapporto tra i rappresentanti e i rappresentati.
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