Uno studio pubblicato sul Bollettino economico della Banca Centrale Europea afferma – a mio giudizio giustamente – che la qualità delle istituzioni pubbliche conta più delle riforme. Gli analisti sono convinti che le economie dei Paesi in cui sono più scarsi l’efficacia dell’azione di governo, la capacità di varare e mettere in pratica leggi per promuovere lo sviluppo economico, il rispetto del principio di legalità e il controllo sulla corruzione e l’evasione fiscale – tutti indicatori del livello di qualità istituzionale, in base alla metodologia messa a punto dalla Banca Centrale – tendono a bloccarsi.
Se non si incide efficacemente su corruzione ed evasione fiscale, riteniamo che metter mano alle riforme non basterà mai per rilanciare la crescita. Corruzione ed evasione fiscale, dunque, sono le cause principali della bassa crescita del nostro Paese e questo è un dato di fatto ormai inconfutabile. La qualità istituzionale italiana è lontanissima dagli standard dei Paesi del Nord Europa. La logica conseguenza di questo stato di cose è che dove la qualità delle istituzioni è bassa anche le riforme strutturali normalmente non sortiscono particolari effetti. La stessa riforma costituzionale in atto, da molti decantata, non basta affatto per trainare la crescita. Sono convinto che nelle Costituzioni nazionali debba sussistere il riconoscimento dei diritti sociali di matrice solidaristica. La riforma costituzionale non mi sembra sia ispirata da queste idee. Mi pare che il governo intenda realizzare un progetto imprudente: esautorare il Parlamento dalle sue fondamentali prerogative erodendo i principi democratici costituzionali.
Le Costituzioni, come la nostra, al contrario, devono continuare a garantire una democrazia sociale con un’economia mista e con una significativa presenza del pubblico nei settori nevralgici per l’economia e la società quali industria, scuola, ricerca, salute, credito, energia. In questo si traduce la forte affermazione di un principio di eguaglianza formale e sostanziale, di diritti e libertà nella prima parte della Carta Costituzionale. Le modifiche costituzionali – combinate con la nuova legge elettorale e con le riforme della Pubblica Amministrazione – realizzano una grande concentrazione di potere nelle mani del Governo. Al nostro Paese occorre, invece, un vero rilancio della democrazia prevista nella nostra Costituzione e fondata sulla sovranità popolare e sul ruolo centrale del Parlamento. La lezione che emerge dallo studio in questione è lapalissiana: prima di metter mano alla Costituzione, alle regole sui contratti di lavoro, alla liberalizzazione dei mercati e delle professioni e a qualsiasi altro tipo di riforma occorre rafforzare l’ossatura dell’ordinamento giuridico generale.
Si deve partire giocoforza dalla base: rispetto delle leggi e repressione dei reati, a incominciare dalla corruzione e dall’evasione fiscale. In caso contrario ogni sforzo sarà del tutto velleitario. Certo, punire i colletti bianchi, i politici e gli imprenditori che danno e prendono tangenti è complicato e richiede ben più di un disegno di legge o di un decreto. Occorre un impegno forte che sia culturale, giuridico e soprattutto morale. Si vuole raggiungere concretamente questa meta? Qualcuno diceva: “volere è potere”. (Vincenzo Musacchio – direttore scientifico Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise).
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