Dieci, cento, mille Piero Pelù. Dieci cento mille Piero Pelù nelle istituzioni, nella politica, nelle industrie padane ma anche tra i grandi artisti campani perché forse, è vero, le scuse che arrivano dal rocker toscano dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno non consolano né restituiscono vite, ma almeno sono le parole di chi, consapevole, sa che chi in questi mesi alza la voce, torto non ha.
Anzi: la Campania è stata avvelenata consapevolmente, volutamente. E Piero, che oggi sarà alle 18 alla Fnac di via Luca Giordano a presentare “Identikit”, il suo nuovo disco antologia, non si fa scrupoli ad ammetterlo: “Come toscano mi scuso con la Campania – dice – Ho letto giorni orsono che tra i rifiuti tossici ritrovati nella terra dei fuochi ci sono anche quelli toscani. Anche la mia civilissima Toscana ha fatto questo? Ne ho sofferto. Mi vergogno e vi prometto che saprò nella mia terra come farla pagare a chi di dovere”.
Chiaro, limpido e pulito come non sono stati i più noti artisti meridionali (per ora a parte l’impegno dichiarato della Mannoia – che si definisce meridionale d’adozione – e la discesa in piazza di Nino D’Angelo, quello stesso Nino D’Angelo che nell’epoca d’oro di Bassolino era un suo grande fan ricevendone prebende in cambio, degli altri manco l’ombra), Piero non si ferma qui, anzi: “Il dramma della terra dei fuochi riguarda noi tutti; è un errore circoscriverlo. Dobbiamo stare attenti a non perdere mai di vista la nostra libertà di cittadini. Ci vuole coraggio ma agendo tutti insieme mi piace sperare che ci possa essere un nuovo futuro”.
Oggi come oggi, del resto, è difficile che musica e impegno possano camminare con gambe separate. Solo che quando si parla di drammi procurati da politica-camorra-aziende nordiche, è più difficile che il mondo dell’arte organizzi concertoni benefici – e non si capisce perché. Così magari per il terremoto in Emilia ci si mobilita con concerti per raccogliere fondi, per la Sardegna probabilmente si farà lo stesso. Ma poi per un dramma così enorme, per un genocidio come quello in atto in Campania, e in generale in tutto il Sud soffocato da inquinamenti volontari un po’ ovunque, nessuno muove un dito.
Pelù almeno ne ha parlato, anche se solo dalle pagine del Corrmezz (anche se sarebbe bello lo facesse anche altrove, visto che sulla sua pagina fb – 118mila fans – si leggono in evidenza i suoi messaggi sulla Sardegna e contro il femminicidio). «Non mi sono mai tirato indietro — continua lui sulle pagine napoletane del Corriere — non si può distinguere la musica dal mondo: la musica è figlia del quotidiano, del momento storico. Circa dieci anni scrissi Occhi, canzone dedicata ai profughi (“E sbarcano segnati dall’immensità dei mari… e dei ricordi scavalcano le onde paraboliche verso un niente che ha fretta…”); qualche anno dopo ho composto Fiorirà in cui parlavo della protesta dei giovani di Locri contro lo strapotere della ‘ndrangheta e di tutte le mafie in Italia. Nell’estate del 2006 ho ricevuto anche una lettera anonima di minacce. Denunciai subito l’accaduto ai carabinieri».
Ma Fiorirà, che è pure riproposta nell’album che Pelù presenta oggi a Napoli, ci sembra un inno buono pure per la terra dei fuochi: Fioriranno anni di letargo, fioriranno secoli di fango, fioriranno anni di inganno, primavera arriverà. Noi ci auguriamo che fioriscano anche, che so, un Pino Daniele o un Massimo Ranieri a combattere, almeno con una testimonianza pubblica, per la terra dove sono pure nati.
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