“Quando hai iniziato ad ascoltare Pino Daniele?”
“Avevo vent’anni. Radio Rai cercava di svecchiarsi con Rai Stereo Uno e Rai Stereo Due, e dalle 15 alle 24 si trasmetteva musica commerciale.”
“Allora?”
“Allora un pomeriggio ascoltai il brano Nero a Metà e me ne innamorai. Pino Daniele per me era già quello di Je so’ pazz’, ma lo avevo considerato una meteora, qualcosa di episodico.”
“E poi?”
“E poi, dopo aver apprezzato tutte le canzoni dell’album, sono andato a ritroso, scoprendo che esisteva un altro Album che portava il suo nome. Lo scoprii per caso, mentre ero a Napoli, in un negozio di dischi e vidi una copertina dove c’era raffigurato lui con la scritta Pino Daniele.”
“Anche io l’ho scoperto per caso, un amico mi fece ascoltare Quanno Chiove, rimasi estasiata.”
“Ma a scuola, con rammarico, scoprii che i miei compagni erano più ferrati di me. C’erano ragazzi che citavano con disinvoltura il brano Terra mia. Non sapevo quale fosse. E poi mi tirarono fuori Napul’è. Insomma, io che avevo un legame particolare con Napoli, mi vidi superato ampiamente su un autore napoletano da ‘non napoletani’. Mi rifeci poi con Enzo Avitabile.”
“Enzo Avitabile? E che centra?”
“Sempre dalle frequenze di Rai Stereo Uno, ascoltai il brano Dolce Sweet M e poi Fratello Soul. Ti dico la verità: mi stregò ancor più di Pino Daniele e legai mentalmente Dolce Sweet M ad una mia storia d’amore. Poi scoprii che Avitabile aveva colaborato con Pino Daniele nel secondo e terzo suo album e pensai che a Napoli stava crescendo qualcosa d’importante.”
“Infatti, anch’io pensai questo. Quando andai a Napoli con la mia famiglia, avevo diciotto anni, spulciai sulle bancarelle di Piazza Garibaldi, alla stazione. Li’ scoprii che in mezzo alle cassette di Pino Danele, c’erano quelle di Napoli Centrale. E anch’io, innamorata di Napoli, della Napoli contemporanea, io che volevo essere nata a Napoli, quel Napoli Centrale m’intrigò e la comprai.”
“Ti piacque?”
“Non capii granché di quella musica, ma ero contenta di averla. Ma dimmi….che effetto di fece Pino Daniele con la sua musica?”
“La musica mi piaceva, ma mi colpiva la violenza verbale di certe espressioni. ‘A me mi piace chi da’ in faccia senza se fermà’ La trovavo una frase plebea, incitante la violenza spiccia, quella di strada. Ma ce ne erano altre. Però la melodia, il ritmo, il cantare in napoletano e farsi ascoltare in tutta la nazione, erano tutte cose sorprendenti.”
“Infatti io trovavo incredibile che a canzoni ‘su le righe’ si affiancassero a melodie come: Quanne Chiove e Napul’è. In pratica c’erano due Pino Daniele che si alternavano, sia come parole che come musica.”
“E quale era il più vero?”
“La sua evoluzione come uomo si è riflessa nella sua musica. Parte con ‘Je so’ pazzo’ e con il tempo inizia ad addolcirsi sino a parlare d’amore. E’ un evoluzione durata un paio di decenni, ma crescendo con lui vedevo flettere una rabbia in amore. Proprio come avveniva per la mia vita.”
“Anche per me è stato lo stesso. Pino Daniele era in certa sintonia con l’evoluzione della mia anima. Infatti vedevo che sul palco, due decenni dopo, provava imbarazzo a cantare certe sue canzoni che forse non gli appartenevano più, ed erano le canzoni con le espressioni più colorite.”
“Ma tu hai amato Pino Daniele?”
“Lui no. All’inizio mi era simpatico, quasi l’adoravo, con il tempo lo trovavo scorbutico, montato. Ma bastavano due battute in tv per assommarlo alle sue canzoni.”
“Forse il fatto che non fosse bello…anzi tutt’altro.”
“Bhe…i belli alla Miguel Bosé li accettavi anche se erano un po’ antipatici. Ma in me esistevano due Pino Daniele, quello in carne e ossa, che mi era indifferente, e quello delle canzoni, che adoravo. Ma quando ho saputo della sua morte…..”
“Cosa è successo?”
“Non l’ho accettata. Quando ho sentito la notizia ho pensato ‘non può essere…. uno così non può morire’. Un pensiero infantile, ma ciò è venuto. Non lo accettavo. Era come se un’opera d’arte fisica fosse scomparsa.”
“Sensazione strana.”
“Certo, molto strana. Poi ho fatto il conto degli anni di attività e ho pensato che un’artista di valore, in quarant’anni, ha avuto il tempo d’iniziare estendersi e completarsi.”
“Ma c’era più l’icona che l’uomo in te!”
“Si….forse per me Pino Daniele non è mai esistito, perché come ogni cosa che entra in noi sotto forma di mito, non riesci mai ad umanizzarla.”
“E cosa ti riamane di lui.”
“Rimane la sua musica. Io non ho badato mai alle sue parole, riamane la sua musica e la sua incredibile voce. Ascolto su You Tube le sue esecuzioni più incredibili. Ed ho scoperto una cosa.”
“Cosa?”
“Che come lui voleva nascere nero io volevo nascere a Napoli. Nella Napoli aristocratica dei Caracciolo e della nobiltà di origine spagnola.”
“Pino non ti avrebbe amato. Lui era vicino alla gente.”
“Si, forse mi avrebbe più apprezzato Antonio de Curtis.”
“Ma quanti re ha avuto Napoli?”
“Tanti, mai troppi. E’ una città che ha bisogno di idoli che la rappresentano e persone su cui riversare una grande passione.”
“Ciao.”
“Ciao, a domani.”