Terza regione italiana per quantitativo di catture di specie ittiche e, addirittura, seconda per fatturato sul territorio nazionale.
È la fotografia della pesca pugliese nel 2015 così come emerge dall’ultimo Report Annuario del Crea, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria.
La Regione Puglia con 26.969 tonnellate rappresenta il 14,3% del pescato totale nazionale che ha consentito un fatturato di oltre 145 milioni di euro (il 16,3% sul volume d’affari italiano).
A livello regionale, infatti, Sicilia, Veneto, Marche e Puglia sono i territori con i maggiori livelli produttivi e, nell’insieme, rappresentano il 60% degli sbarchi nazionali di prodotti ittici. In termini di fatturato, Sicilia e Puglia rappresentano il 42% circa del totale in considerazione della prevalenza di sistemi di pesca che insistono su specie demersali a maggior valore unitario quali naselli, gamberi, triglie.
“Un buon risultato per la nostra regione che si scontra con l’inaccettabile ritardo del pagamento da parte del Governo del fermo pesca 2015 e 2016: quando ci sono da pagare le tasse, tutti devono essere puntuali; quando è lo stato che deve mantenere la promessa di stanziamento fondi, non ci sono mai tempi certi – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – La ripresa dei livelli produttivi nel settore ittico è da associare a una maggiore attività di pesca e a un miglioramento della produttività media. Le politiche di contenimento della capacità di pesca stanno fornendo i primi risultati con una ripresa degli stock ittici come si evince dal Report del Crea. Si iniziano ad intravedere segnali incoraggianti dagli indicatori biologici relativi allo stato di sfruttamento di alcune specie ittiche. La produzione media giornaliera, inoltre – prosegue L’Abbate (M5S) – è tornata a crescere negli ultimi due anni e ha permesso, così, di invertire il trend negativo registrato dal 2006. A favorire una ripresa dell’attività, rendendo profittevole la pesca in aree più distanti dalla costa e quindi con rendimenti produttivi maggiori, è stato anche il calo registrato del prezzo del gasolio”.
Un significativo recupero nel trend che però, nel lungo periodo, continua ad essere negativo. Tra il 2004 e il 2015, infatti, il livello delle catture è passato da 288.000 a 189.000 tonnellate, pari a una riduzione del 34%, con una flessione complessiva dei ricavi del 35% e con una perdita annuale media di 50 milioni di euro. Infine, per quanto riguarda la composizione del pescato nel 2015, in linea con gli anni precedenti, è costituita in prevalenza da acciughe, seguite da sardine e vongole. A sostegno del settore ittico, a fine 2015 è stato approvato il Programma operativo italiano del Feamp (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) per il periodo 2014-2020 che prevede uno stanziamento complessivo di 978,1 milioni di euro, di cui 537,3 milioni di euro di quota Ue. Le misure finanziate ricadono in sei priorità: sviluppo sostenibile della pesca e dell’acquacoltura, promozione dell’attuazione della PCP (Politica Comune della Pesca), aumento dell’occupazione e della coesione territoriale, sostegno alla commercializzazione e alla trasformazione, promozione dell’attuazione della Politica marittima integrata.
“Sarà fondamentale – conclude Giuseppe L’Abbate (M5S) – saper utilizzare sapientemente ed efficientemente questi fondi a disposizione per sostenere un settore in crisi da tanto tempo e che ha bisogno di una concreta visione futura che sappia garantire reddito e posti di lavoro”.
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