Il Papa incontrerà 700 familiari delle vittime delle mafie che insanguinano l’Italia, e pregherà con loro, in una veglia nella chiesa romana di Gregorio VII.
L’incontro avverrà il 21 marzo, nella “Giornata della memoria delle vittime innocenti delle mafie” promossa dalla Fondazione “Libera”, il cui presidente, don Luigi Ciotti ha spiegato che “la disponibilità del Papa ad accompagnare i familiari a questo momento carico di dolore ma anche di speranza, è segno di un’attenzione e di una sensibilità che loro hanno colto sin dal primo momento. Attenzione verso tutta l’umanità fragile, ferita. Ma attenzione anche – aggiunge il presidente di ‘Libera’ – per lo specifico tema delle mafie, della corruzione, delle tante forme di ingiustizia che negano la dignità umana. Voce di una Chiesa che salda il Cielo e la Terra, e che della denuncia fa annuncio di salvezza”.
La preghiera e la prossimità a chi piange un familiare ucciso da una delle tante mafie è dunque la modalità scelta da papa Francesco per condannare le mafie, e contribuire a costruire una cultura che metta questi criminali ai margini della società. La condanna di questi tipi di criminalità è nella tradizione della Chiesa e dei papi.
Nessuno dimentica il “grido” contro la mafia, di Giovanni Paolo II, il 9 maggio del ’93, ad Agrigento, in cui chiese ai mafiosi di convertirsi, ammonendo che un giorno sarebbe venuto il giudizio di Dio.
”La mafia è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo”, è stata la condanna pronunciata nel 2010 al teatro Politeama di Palermo da Benedetto XVI, il quale pure nel 2007 a Napoli condannò la camorra.
“Non si tratta solo del deprecabile numero di delitti della camorra – disse papa Ratzinger ai napoletani – ma anche del fatto che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e delle periferie nuove e anonime, con il rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso, l’arte di arrangiarsi”.
Dal punto di vista della Chiesa cattolica, chi commette un omicidio e chi ad esso collabora ”commettono un peccato – si legge nel nuovo catechismo – che grida vendetta davanti a Dio”.
Per quanto poi riguarda i mafiosi, dal 1 dicembre 1944 i vescovi siciliani hanno loro inflitto la scomunica. Essi sono cioè ”fuori dalla comunità cristiana” e quindi esclusi da tutti i sacramenti, che servono per la salvezza dell’ anima.
Un altro tipo di ”sanzione” introdotta dalla Chiesa è quella illustrata nel 1989 dall’arcivescovo di Napoli, card. Michele Giordano, il quale ha dato la direttiva di rifiutare come padrino di battesimo o cresima persone notoriamente malavitose.
L’ esempio e’ stato seguito in numerose diocesi del Sud. Data l’ importanza che il padrinato ha in quelle zone, il rifiuto e’ una specie di pubblica ignominia.
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