È saltata prima di cominciare la prima udienza del processo d’appello scaturito dall’operazione “Crimine” che, insieme a quella “Infinito”, coordinate dalle Dda di Reggio Calabria e Milano, nel luglio 2010 portarono all’arresto di oltre 300 persone ritenute boss e gregari delle principali cosche di ‘ndrangheta calabresi.
Uno dei giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria incaricato di celebrare il processo, infatti, è stato nel frattempo trasferito per cui sarà necessario comporre un nuovo collegio. Il processo è stato quindi rinviato al 5 giugno prossimo quando in aula si ripresenteranno i 119 imputati nel processo, 92 dei quali condannati in primo grado dal gup, al termine del rito abbreviato, a pene variabili da due anni e due mesi a 14 anni ed otto mesi di reclusione ed altri 27 assolti.
Le richieste della pubblica accusa, in primo grado, erano state più pesanti, attenuate dal gup, in sede di sentenza, con la concessione di attenuanti. Ed è proprio all’innalzamento delle pene che punta l’accusa in appello, rappresentata dall’ avvocato generale dello Stato Francesco Scuderi, affiancato da due magistrati della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Musarò e Antonio De Bernardo, applicati al processo.
L’operazione “Crimine”, secondo gli inquirenti, ha svelato il volto nuovo della ‘ndrangheta: non piu’ un insieme di cosche senza collegamento tra loro, ma un’organizzazione unitaria, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice che prendono e ratificano le decisioni più importanti. Un’organizzazione ramificata in ogni continente ma la cui testa pensante resta in provincia di Reggio Calabria.
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