Oggi lavorare mi ha stancato più del normale, ma mi sento in colpa per questo. Amo il mio lavoro di medico e ne traggo ogni giorno di più una gratificazione che mi nutre. Eppure questa mattina ho visitato una paziente che mi ha messa a dura prova.
Una signora anziana troppo loquace-mi fissava attraverso i pozzi fondi dei suoi occhi grigi, quasi che le parole fossero la carrucola scricchiolante che dovevo usare per calare il mio secchio e pescare alla ricerca di una falda acquifera, di qualsiasi cosa mi facesse capire cosa c’era dietro quel bisogno di raccontare e raccontarsi.
Eppure non ho avuto bisogno di inabissarmi né di cercare alcunché: la soluzione è arrivata nel corso dell’anamnesi. Quando era giovane, la paziente ha avuto un aborto. Mi sono subito sentita addosso un senso di mortificazione. Quei suoi occhi simili ad un inghiottitoio, ad una superficie carsica in cui l’acqua sprofonda furiosamente per arrivare nel sottosuolo, si cercavano e mi stavano cercando per dirmi questo dolore terrificante, sepolto chissà dove in un piccolo ghetto del cuore e oggi tornato a galla nel corso di una visita di medicina estetica.
Una volta di più capisco l’enorme importanza della comunicazione mentre si elabora un lutto, un dispiacere, un distacco dalle persone amate. Quando bisogna strapparsi dal ventre una parte di sé, che cresceva con noi e di noi stessi si nutriva per sopravvivere. Si dà una scarsa importanza alle parole e al modo in cui vengono utilizzate, persino al suono che hanno nel momento in cui si affacciano alla balaustra delle nostre bocche.
Spesso i pazienti ci svelano quanto ignoriamo di noi stessi. Eppure ho scritto nel mio ultimo libro che si è veramente nudi quando qualcuno ci tiene nei suoi occhi. E ancor più si è senza difese quando qualcuno legge ciò che abbiamo scritto: quello è il momento in cui ci tiene nudi sulle sue labbra.
Forse è proprio questo – la nudità a cui ci espone il linguaggio – che rovina le relazioni con l’altro, i rapporti d’amicizia e d’amore. Non esistono amori sbagliati. Probabilmente l’errore è un difetto di comunicazione. Così come una malattia ereditaria è dovuta ad un gene difettoso, una parola sbagliata codifica per un malinteso-ci trascina verso l’isolamento. Non ci si riconosce, perché sbagliare le parole significa separare il corpo dalla mente.