Le “nuove generazioni” delle cosche della ‘ndrangheta radicate in Lombardia hanno fatto una scelta “netta” nel senso di “segnare l’indipendenza” dalla ‘”casa madre calabrese”, perché il “‘rispetto’ verso gli ‘ndranghetisti calabresi non avrebbe più dovuto significare sottostare agli ordini provenienti da quella regione del Sud Italia”.
Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso giugno, ha confermato le oltre 100 condanne, per un totale di circa 800 anni di carcere, del processo cosiddetto ‘Infinito-Tenacia’ che ha accertato la presenza di una “struttura di vertice” della mafia calabrese al nord, chiamata “Lombardia”.
Nelle oltre 300 pagine di motivazioni, depositate nelle scorse settimane, i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte ripercorrono in parte anche alcune delle tante intercettazioni contenute negli atti dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci. Indagine che, nel luglio del 2010, smantellò una quindicina di ‘locali’, ossia cosche, della ‘ndrangheta tra Milano e l’hinterland, portando ad oltre 170 arresti in Lombardia.
Questo procedimento, spiegano i giudici, ha dato “conferma dell’esistenza di una sorta di fenomeno di ‘colonizzazione”’ della ‘ndrangheta al nord. Ed è emerso anche un altro dato significativo: quando queste “cellule” della mafia calabrese in Lombardia si sono unite in un “raggruppamento”, infatti, c’è stata una “costante tensione con gli affiliati all’organizzazione-madre calabrese”.
Le cosche lombarde hanno voluto una “propria autonomia decisionale e operativa” e la Cassazione parla appunto di “spinte autonomistiche”. I presunti boss hanno operato “in piena autonomia, facoltativamente informando delle proprie iniziative gli appartenenti calabresi all’organizzazione criminale di origine, ma solo per una sorta di ‘riguardo’ e, comunque, dopo che le determinazioni erano state oramai adottate”.
In tale “ottica”, scrive ancora la Cassazione, “la valorizzazione della ‘Lombardia’, come struttura federativa delle ‘locali’ di quella regione del Nord Italia, aveva finito per accentuare l’autonomia dell’organizzazione ‘ndranghetistica settentrionale”.
Anche l’ormai famoso summit dei boss della ‘ndrangheta lombarda nel centro anziani ‘Falcone-Borsellino’ di Paderno Dugnano venne convocato nel 2009 per cercare di trovare soluzioni alle tensioni che si erano create con le cosche calabresi. I boss lombardi, infatti, in primo luogo, spiegano i giudici, erano preoccupati “di tornare ad essere ‘succubi’ delle direttive provenienti dalla Calabria”.