Investimenti per 700 milioni di euro nell’arco di 5 anni. L’annuncio arriva, nello stabilimento Sevel di Atessa (Chieti), dall’amministratore delegato Fiat, Sergio Marchionne, in Abruzzo proprio per parlare delle attività future della fabbrica del Ducato, la più grande d’Europa nel settore dei veicoli commerciali.
“L’investimento – spiega Marchionne – permetterà a Sevel, organizzata secondo i principi della World Class Manufacturing, di confermarsi realtà automobilistica internazionale all’avanguardia. Si tratta di 550 milioni provenienti da Fiat-Chrysler e di 150 milioni da PSA che includeranno l’inserimento di 60 robot di lastratura, il rinnovo di 25 sistemi di spruzzatura in verniciatura, un nuovo impianto di assemblaggio e la riorganizzazione logistica e predisporranno lo stabilimento per la produzione di una più ampia gamma di prodotti al fine di soddisfare le molteplici esigenze di clienti e mercati, soprattutto esteri”.
Lo stabilimento Sevel, una joint venture paritetica tra Fiat Group Automobiles e Psa-Peugeot Citroen, fu inaugurato il 28 novembre 1981 dal presidente della Repubblica Sandro Pertini alla presenza dell’allora presidente Fiat, Gianni Agnelli. Attualmente, ad Atessa, vengono prodotti i veicoli commerciali Fiat Ducato, Peugeot Boxer e Citroen Jumper. Ad oggi sono oltre 4,5 milioni i veicoli realizzati nello stabilimento, che conta 6.200 dipendenti. La capacità produttiva è di circa 300 mila veicoli all’anno. Il Ducato, fiore all’occhiello di Sevel, viene esportato in 80 Paesi e nei primi cinque mesi del 2013 è stato il più venduto del suo segmento in Europa con il 21,7% di quota.
Tiepida accoglienda delle tute grige per l’Ad
L’amministratore delegato Fiat viene accolto con un tiepido applauso dai dipendenti Sevel, fatti allineare lungo il corridoio della Lastratura, reparto tirato a lucido per l’occasione. “I nuovi investimenti – evidenzia Marchionne – saranno cruciali e ci permetteranno di consolidare ed estendere la leadership del Ducato nel mondo. Le future versioni di questo veicolo avranno nuovi contenuti e caratteristiche specifiche così da adottare, dal 2015, motori già predisposti per il passaggio alla normativa Euro 6.
In più la Savel – puntualizza – sta già producendo i componenti per una versione speciale del Ducato, che è stata studiata per il mercato nordamericano. Versione che sarà venduta con il nome ProMaster e con il marchio Ram negli Usa, in Canada e in Messico, a partire da questo trimestre. Abbiamo avviato le esportazioni dei componenti verso lo stabilimento Chrysler di Saltillo, in Messico, dove verranno assemblati per far nascere il Ducato americano.
Un’attività di questo genere già esiste da anni in America Latina, dove la Sevel esporta i componenti che vengono assemblati nella fabbrica di Sete Lagoas, in Brasile, per vendere il Ducato in tutto il continente”.
“Fiat tutela il manifatturiero italiano”
“Queste – precisa Marchionne – sono alcune delle opportunità che Fiat sta sfruttando per aprire la rete industriale italiana al mondo. Stiamo facendo di tutto per non lasciare i nostri impianti in balia di un mercato europeo in costante declino. Lo facciamo per proteggere il nostro sistema produttivo ma anche per tutelare l’ossatura manifatturiera dell’Italia”. Un accenno al gruppo.
“Fiat non è un’azienda senza volto. Nel 2004 eravamo un produttore di auto dalle dimensioni modeste che vendeva circa un milione e 800 mila unità l’anno. Nel 2012, insieme a Chrysler, ne abbiamo vendute 4,2 milioni e siamo diventati il settimo costruttore mondiale. Ma soprattutto era azienda in profondo rosso, le cui perdite erano di oltre un miliardo l’anno, tutte concentrate in Europa. Adesso siamo un gruppo solido, capace di generare profitti.
Marchionne ne approfitta per lanciare qualche stoccata: “Dal 2004 alla fine del 2012, Fiat e Fiat Industrial, hanno destinato all’Italia, per investimenti e attività di ricerca e sviluppo, 23,5 miliardi di euro. A fronte di questo sforzo abbiamo ricevuto agevolazioni pubbliche, previste da norme italiane ed europee, pari a circa 742 milioni. Agevolazioni peraltro disponibili a tutte le aziende europee”.
“Se ci fosse ancora la Fiat di un tempo, avremmo portato i libri contabili in tribunale da un pezzo. Invece – spiega – abbiamo scelto di investire. Lo abbiamo fatto a Grugliasco, in un impianto che non produceva nulla: ora vi si costruiscono la Maserati Quattroporte e la Maserati Ghibli. Lo stiamo facendo a Melfi, per iniziare a produrre la Fiat 500X e una vettura di marchio jeep. E lo facciamo in Sevel. Ma in tutto questo stiamo incontrando difficoltà, che mettono a rischio ogni passo successivo”.
Lettera di Landini. “Incontreremo Fiom”
Ed ecco il tasto dolente, che si chiama Fiom. “Anche la pronuncia della Corte Costituzionale della scorsa settimana aggiunge elementi di incertezza. Non conosciamo ancora le ragioni della sentenza. Mi limito ad osservare che con questa decisione – prosegue Marchionne – la Consulta ha ribaltato l’indirizzo che aveva espresso in numerose altre occasioni, sullo stesso tema, durante gli ultimi 17 anni, da quando cioè è in vigore questa forma dell‘articolo 19 dello Statuto dei lavoratori.
Fiat non ha fatto altro che applicare la legge in modo rigoroso. Fiom è stata esclusa dalla possibilità di nominare rappresentanti sindacali in base a quella legge, che dice chiaramente che i rappresentanti sindacali possono essere scelti solo dalle organizzazioni firmatarie del contratto e da quelle che ne accettano le condizioni.
Per ironia della sorte, la modifica dell’articolo 19, introdotta nel ’96, è stata voluta proprio da Fiom, che ha appoggiato un referendum popolare promosso da Rifondazione comunista edai Cobas. Quindi non abbiamo violato la Costituzione, abbiamo solo applicato una legge che adesso a Fiom non piace più. Ho ricevuto ieri una lettera dalla Fiom, a firma di Maurizio Landini“. Che chiede un incontro, alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale, per “superare le vie giudiziarie e costruire un più proficuo e utile confronto di natura negoziale sulla base di normali e qualificate relazioni industriali, capaci di affrontare al meglio la difficile situazione produttiva e occupazionale che coinvolge i lavoratori e la lavoratrici di tutto il gruppo Fiat”.
Fiom non è stata invitata in Sevel per l’arrivo di Marchionne, che afferma: “Siamo disposti a incontrarli. Li incontreremo, nella speranza che anche loro riconoscano che in gioco c’è la possibilità di far rinascere un sistema industriale nel Paese. Il Paese ha bisogno di ritrovare una pace sindacale: è essenziale lavorare in uno spirito di collaborazione se vogliamo far ripartire lo sviluppo”.
La protesta ai cancelli Sevel
Davanti ai cancelli Sevel – in contrapposizione ai politici, ai rappresentanti religiosi e ai sindacati che sfilavano all’interno – le bandiere rosse di Fiom, dell’Usb, di Prc. La protesta è di pochi, ma c’è. Ed è contro Marchionne e i suoi metodi, i suoi “non diritti”. “Le condizioni e i carichi di lavoro nello stabilimento – si sfogano alcuni operai – sono insostenibili. Ma tutti hanno paura di richiami – che arrivano a iosa anche se i pantaloni della tuta sono troppo corti – e di licenziamenti. E allora stanno zitti e sopportano“. A proposito di diritti Marchionne afferma: ‘Oggi viviamo in un’epoca in cui si parla sempre e solo di diritti. Il diritto al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa, il diritto a urlare e a sfilare, il diritto a pretendere. Lasciatemi dire che i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Se però continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo”.
Malumori anche per la situazione di Mirafiori, tirata fuori per l’occasione da Bonanni (Cisl) e Angeletti (Uil) in un incontro riservato, in Val di Sangro, con l’Ad Fiat. “Non siamo soddisfatti – tuonano i sindacalisti – né delle iniziative del Governo né di questo faccia a faccia. Non vediamo luci in fondo al tunnel. Marchionne ci ha risposto che gli investimenti su Mirafiori ci saranno “quando saremo pronti”. “Tutti gli stabilimenti Fiat – taglia corto Marchionne a chi osserva che Mirafiori preoccupa il Governo – preoccupano la Fiat più di altri“.
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