Sono certo che tanti calabresi, ascoltando le vicende accadute proprio il giorno di Pasqua a Sant’Onofrio e Stefanaconi, credenti o meno, abbiamo avuto di che indignarsi per l’assurda decisione di commissariare addirittura una processione come quella dell’ “Affruntata” che, oltre ad essere uno dei riti più conosciuti e famosi non solo in Calabria, per gli studiosi che sanno essere anche cultori ed interpreti della pietà popolare calabrese, rappresenta il “Vangelo popolare del Risorto a Maria”, per usare una felice intuizione di mons. Ignazio Schinella, che tra questi certamente primeggia per i suoi numerosi saggi ad essa dedicati.
Anche il “Direttorio sulla pietà popolare”, promulgato nel 2002 dalla Congregazione per il culto divino e la celebrazione dei Sacramenti, ne ha saputo riconoscere il valore quando al n.149 annota: «la pietà popolare ha intuito che l’associazione del Figlio alla Madre è costante; nell’ora del dolore e della morte, nell’ora del gaudio e della risurrezione. L’affermazione liturgica, secondo cui Dio ha riempito di gioia la Vergine nella risurrezione del Figlio, è stata, per così dire, tradotta e quasi rappresentata dalla pietà popolare nel pio esercizio dell’Incontro della Madre con il Figlio risorto: la mattina di pasqua, due cortei, l’uno recante l’immagine della Madre addolorata, l’altro quella del Cristo risorto, si incontrano per significare che la Vergine fu la prima e piena partecipe del mistero della risurrezione del Figlio».
Ma il punctum dolens della vicenda non sta certamente nel fatto che alcuni organi dello Stato abbiano ignorato l’importanza che riveste all’interno della pietà popolare detto rito, quanto piuttosto in quello di aver attirato l’attenzione a livello internazionale nuovamente sulla nostra sventurata terra di Calabria sulla quale sembra gravare un destino infausto.
Tutte quelle volte che avvengono fatti positivi che fanno emergere le non certo poche risorse di questa Terra, come ad esempio l’elezione da parte del Papa di mons. Galantino a Segretario generale della C.E.I.; le meditazioni della Via Crucis del Colosseo affidate quest’anno a mons. Bregantini che continuiamo a considerare “un calabrese di adozione” e che da “figlio di questa Terra” ha saputo – come pochi per la verità – cantare le sue bellezze e consolare le sue ferite; la decisione dello stesso pontefice di visitare la Calabria nella diocesi di Cassano; c’è sempre qualcuno che con le sue “trovate geniali” ci fa ripiombare nel triste “destino” di essere tutti “maledettamente” figli della ‘ndrangheta.
Se non fosse perché mi sforzo di essere cristiano e prete, cederei alla tentazione di credere che ci sia qualche non meglio definita divinità che abbia pronunciato una maledizione su questa Regione ed allora con Virgilio anch’io direi: Desine fata deum flecti sperare precando, «Cessa di sperare di cambiare i fati degli dèi con la preghiera».
La decisione di commissariare la processione dell’“Affruntata” a Sant’Onofrio e Stefanaconi è di una gravità senza precedenti, che ha offeso non solo la dignità di queste due Comunità e del loro pastore mons. Renzo ai quali va tutta la mia personale solidarietà, ma credo di non esagerare se dico che ha offeso la dignità di tutti noi calabresi che ancora una volta siamo balzati agli onori delle cronache per essere, infondo, tutti ‘dranghetisti.
Sarebbe bastato un minimo di buon senso – ma forse di questi tempi è troppo pretendere di trovarlo anche negli apparati dello Stato – per rendersi conto del clamore mediatico suscitato da una tale assurda decisione.
Ma la cosa ancora più grave è che non si è tornati indietro neanche dopo l’impegno preso da una intera Comunità che avrebbe provveduto a sostituire coloro che erano destinati ad essere i sorteggiati portatori delle statue, obbiettando che ormai non c’erano più i tempi per riunire nuovamente il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, dando ancora di più l’idea, qualora ci fosse bisogno di aggiungerne, di uno Stato governato attraverso Istituzioni appiattite su stesse, confuse e burocrate.
L’uomo di fede sa che nulla succede a caso. Allora anche da questi fatti davvero rincresciosi, siamo chiamati ad imparare: è ora di dire basta una volta per tutte ad aste e sorteggi, i portatori delle statue dovrebbero essere i poveri, testimoni di sofferenze e di fragilità, senza offrire nulla se non la possibilità a tutti di accorgersi di loro – e del Risorto in loro – che ora come allora continua a ripeterci “ogni volta che avete fatto qualcosa ad uno solo di questi piccoli l’avete fatta a me”.
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