Emilio Iuticone, l’imprenditore e testimone della giustizia che ha dovuto chiudere i battenti della sua impresa e licenziare 40 persone per non subire più attentati mafiosi.
Emilio Iuticone collaborò anni addietro con la giustizia facendosi ‘mettere i microfoni addosso per sbattere dentro esponenti della criminalità organizzata’ .
“Non vendo più calcestruzzo e non svolgo più attività d’impresa. Non ho più la scorta e la Prefettura mi nega il porto d’armi che chiedevo per difendermi. Eppure ho dato la mia vita allo Stato e dopo anni di denunce questo è il risultato” : il fallimento professionale di Iuticone è dovuto alla mafia che lo pressa ogni giorno, ancora e a distanza di anni, “perché a Crotone – la città pugliese dove vive l’imprenditore che si sfoga – chi fa economia deve pagare ai clan”.
E lo Stato tutto questo non lo sa. Secondo i dati in possesso degli inquirenti, infatti, il discorso “che se produci, ti vengono a cercare per chiederti i soldi. E se non paghi, ti fanno saltare i mezzi. E se li arrestano o li uccidono, dopo di loro ne crescono altri” di Iuticone non sussiste: in un anno le denunce delle vittime di estorsione o usura risultano in numero inferiore a quello delle dita di una mano.
Emilio Iuticone viene isolato perché non ha un nome importante. Una conclusione raggiunta dall’uomo in un momento di disperazione, durante le sue dichiarazioni, mentre si rapportava al Presidente della Camera di Confindustria di Crotone che ha ricevuto- al contrario suo- un fiume di solidarietà per la bottiglia incendiaria piazzata davanti al cantiere della sua famiglia: «Conosco Michele, l’ho visto crescere e sono solidale anche io con lui e la sua famiglia. Ma a me nessuno ha mai scritto una riga».
Nessuno sta aiutando Emilio “dopo 45 anni di impresa a Crotone, dove a dargli considerazione ogni giorno è solo la mafia”.