Sono le piccole imprese le “tigri” dell’export made in Italy. Il contributo delle Pmi italiane all’export, anche se raramente citato, è tutt’altro che trascurabile, evidenzia una ricerca del Centro Studi della Cna. “Le Pmi esportatrici sono infatti quasi 187mila e assicurano quasi il 54% delle esportazioni totali per un valore che, nel 2010, era prossimo ai 175 miliardi di euro” indica lo studio. Di questa quota, quasi la metà (25,7% pari a 83 miliardi) è creato dalle piccole imprese, ovvero dal segmento dimensionale con meno di 50 addetti. “Si tratta di imprese di dimensione ridotta (8,7 addetti), che hanno dimostrato di sapere competere con successo sui mercati internazionali anche negli anni della crisi”. Anche nel 2012, in piena crisi, le micro imprese (appartenenti alla classe di fatturato esportato fino a 75mila euro) confermano la capacità di competere sui mercati internazionali. Sulla base dei dati Istat, le vendite all’estero delle micro imprese mostrano un aumento del 6,5% (138 milioni di euro) sul 2011.
“In assoluto dell’incremento maggiore tra i vari operatori commerciali all’esportazione, superiore anche a quello realizzato dalle imprese più strutturate e di maggiori dimensioni” afferma la Cna. A livello settoriale, le esportazioni delle micro imprese sono fortemente concentrate nel comparti tradizionali del Made in Italy (mobili, preziosi, articoli sportivi, giochi, strumenti musicali e apparecchi medicali).
Seguono la meccanica (9,8%) e il tessile e abbigliamento (8,8%). “Fatta eccezione per la meccanica, si tratta di merci che presentano una alta connotazione artigianale e la cui qualità è certificata dal marchio Made in Italy” evidenzia lo studio. Ma su quali mercati vendono le micro? Il 71,6% delle esportazioni sono destinate ai mercati europei. Seguono i paesi asiatici, le Americhe, l’Africa (con quote pari, rispettivamente, al 10,9%, 8,3% e 7,9%).
Rispetto alle imprese maggiori, le micro imprese risultano più presenti nei mercati di prossimità geografica (Europa e Africa) ma le differenze rispetto alla media nazionale non appaiono così rilevanti. In definitiva – dice la Cna “la distanza geografica non appare un limite all’operatività delle micro imprese sui mercati esteri che vantano una proiezione internazionale non dissimile da quella delle imprese maggiori”.
“È evidente che si tratta di una realtà per la quale vi sono ancora margini di sviluppo sia in termini di numero di imprese, in grado di operare sui mercati internazionali stabilmente e non in modo solo sporadico, che in termini di valore delle esportazioni. Per questo – conclude la Cna – sarebbe auspicabile la creazione di un sistema di accompagnamento all’estero pensato appositamente per le piccole imprese, che permetta loro di operare sui mercati esteri in maniera stabile e non solo sporadica”.