E’ da sempre uno splendido esempio di barocco siciliano e in tre secoli ha ospitato un carcere minorile, un orfanotrofio, un istituto statale d’arte, ma anche un archivio prefettizio, ora l’ex collegio dei Gesuiti di Via Crociferi a Catania diventerà una biblioteca interattiva. Negli ultimi quattro anni l’antica struttura, nonostante fosse un sito patrimonio Unesco, ha avuto i portoni sbarrati diventando il simbolo di degrado di una città che troppo spesso si è dimenticata delle sue bellezze architettoniche. Ora la sua salvezza la si deve ad un gruppo di ex alunni e di associazioni catanesi, che hanno chiesto ai deputati regionali di avere conferme sui tempi e costi dei lavori di messa in sicurezza annunciati il mese scorso, chiedendo l’intervento della Commissione Cultura dell’Ars.
Oggi la struttura è in attesa di una ristrutturazione, che è stata rimandata più volte e dovrebbe riqualificarla totalmente dandogli una nuova destinazione d’uso. È chiusa e vuota e da poco è stata anche sgomberata, dopo che alcuni attivisti avevano tentato di fare una “ristrutturazione fai da te“. A essere stati ricevuti dalla Commissione Cultura Ars sono stati tra gli altri Mirko Viola di CittàInsieme, Marco Di Stefano e Salvo Campo del comitato “salviamo il Collegio dei Gesuiti“.
“Ci è stato confermato – ha spiegato Mirko Viola – che è scaduto il bando per assegnare i lavori di messa in sicurezza, che dovrebbero protrarsi per un anno e mezzo dal momento dell’inizio (fissato nei prossimi mesi). Lavori per un totale di circa 4 milioni di euro“. Altro punto all’ordine del giorno “conoscere quali progetti sono stati immaginati (e con quali risorse a copertura dei costi) per garantire un futuro alla struttura“. “Diventerà una biblioteca – continua Viola – Ci sono diverse idee in proposito. Quella che appare essere la più concreta è farne una struttura sul modello della ‘Sala Borsa’ di Bologna, cioè una biblioteca interattiva e moderna, con spazi per bambini anche molto piccoli, area lettura e ascolto, zona adatta per musica e laboratori e per l’organizzazione di eventi culturali. L’altra idea sarebbe quella di farlo diventare una sorta di biblioteca del mediterraneo, della nuova città metropolitana di Catania, con libri provenienti dal Comune e dalla Provincia“.
Ma soprattutto scopo principale del gruppo di etnei che si sono recati all’Ars è stato quello di fare luce in ordine alle responsabilità dei ritardi che si sono accumulati in questi anni. “Abbiamo chiesto di conoscere le responsabilità inerenti ai ritardi, perché questi lavori finanziati nel ’97 non siano mai partiti – racconta ancora Viola – Ci hanno detto che è stata colpa delle lungaggini burocratiche e che qualcosa si è inceppata in questi anni. I fondi per i lavori inizialmente furono stanziati dalla Protezione Civile tramite legge 433 del 91 – spiega Mirko Viola – dieci miliardi delle vecchie lire (5 milioni e 422mila euro), dei quali una minima parte (circa due milioni) sono già stati spesi per la messa in sicurezza delle aree più volte fatte sgombrare prefettura. A questa cifra vanno aggiunti i circa 600mila euro trovati dalla regione per questa prima fase dei lavori di messa in sicurezza“. Adesso però bisogna reperire circa altri venti milioni di euro per completare il progetto finale della biblioteca. “A novembre 2011 – spiega ancora Viola – Salvo Pogliese ha presentato un’interrogazione parlamentare nella quale faceva presente che la Regione aveva individuato questi fondi nel POR 2000 – 2006, ma di questi fondi non c’è stata più traccia. Sempre nel 2011, l’ex dirigente generale del dipartimento dei beni culturali, già sovrintendete alle belle arti di Catania, Gesualdo Campo, quantificava i lavori, rifinanziandoli in 27 milioni di euro e il governo regionale aveva fatto sapere, che non vi era la copertura dei fondi FAS. Quindi vorremmo capire anche perché oggi ci troviamo nelle più assoluta incertezza in ordine alle risorse che possono essere messe in campo. Il dottor Domenico Mercurio, del dipartimento dei beni culturali, ci ha comunque rassicurato facendoci sapere che ci potrebbe essere la possibilità di avere notevoli risorse disponibili per l’innovazione tecnologica culturale per continuare i lavori, grazie alla nuova programmazione europea sui beni culturali 2014- 2020“.