Gli esperti del Cnr-Ivalsa (Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche) di San Michele all’Adige, seguendo il regolamento edilizio imposto dal governo borbonico in Calabria del diciottesimo secolo, hanno ricostruito una struttura muraria per sottoporla ai moderni test antisismici. I risultati sono stati eccellenti, la struttura si è rivelata estremamente resistente alle sollecitazioni telluriche.
L’idea di stilare un regolamento edilizio (primo documento di tale tipo in Europa) venne ai Borbone dalla necessità di porre le abitazioni calabresi in condizioni di resistere ad eventi come quello che nel 1783 aveva praticamente raso al suolo la Calabria meridionale, causando la spaventosa cifra di trentamila vittime oltre a distruzioni incalcolabili. La bontà del regolamento, e delle indicazioni edilizie in esso contenute, è in realtà stata solo confermata dai test del Cnr-Ivalsa, poiché i terremoti degli anni successivi avevano già sottoposto ad un severo esame le strutture progettate dai tecnici di Sua Maestà Borbone.
Parliamo in particolare del terremoto del 1905 ma soprattutto del terribile terremoto del 1908 che fece segnare nove gradi sulla scala Mercalli, 6.9 della scala Richter. Questo terremoto distrusse completamente Reggio e Messina, i danni furono talmente devastanti che per portare soccorso alle popolazioni fu necessario mandare buona parte dell’esercito italiano.
Addirittura il comandante in capo dell’esercito austro-ungarico propose all’imperatore di attaccare l’Italia e riprendere i territori persi con le guerre di indipendenza: aveva capito che i confini settentrionali erano rimasti praticamente sguarniti e quello era il momento migliore per agire, ma Francesco Giuseppe non lo ascoltò.
Nel dramma della distruzione di Reggio e Messina si poté osservare che gli edifici costruiti rispettando i criteri del regolamento edilizio rimasero in piedi, si contarono solo lievi danni e qualche parete collassata, ma nessun crollo totale.
Oggi l’Ivalsa, con la collaborazione del Dipartimento di scienza della Terra dell’Università della Calabria, ha riprodotto in scala 1:1 una struttura muraria secondo il regolamento edilizio borbonico e ne ha confermato la capacità di resistenza a sollecitazioni di vibrazione e oscillazione.
Pur rimanendo il documento organico ufficiale più completo riguardo tecniche di costruzione antisismiche rispetto a tutti i tentativi che lo avevano preceduto, quello del 1793 non fu l’unico tentativo borbonico di ricostruzione secondo criteri di tale genere. Il precedente più importante lo si ebbe dopo il terremoto che nel 1688 devastò Cerreto Sannita e gran parte del Sannio, raggiungendo un livello di intensità classificabile tra il X e l’XI grado della scala Mercalli. Cerreto fu completamente rasa al suolo al punto che fu impedito agli abitanti di riedificare sulle macerie ma si decise di destinare ad una diversa area la nuova Cerreto.
La squadratura degli isolati e la pianificazione degli spazi venne eseguita dal regio ingegnere Giovanni Battista Manni, (affiancato da molti tecnici e architetti venuti da Napoli) sulla zona prescelta costituita da un vasto e tozzo colle lambito a est e ad ovest dai torrenti Turio e Cappuccini e attraversato da nord a sud dall’antica via Telesina che raccordava Cerreto antica a Telesia, il nuovo terreno, scelto dopo accurati sondaggi, risultava il più stabile e ricco di roccia della zona.
La pianta presentava tre strade maestre molto larghe tagliate da perpendicolari e affiancate da parallele, questo costituiva una grandissima innovazione rispetto all’urbanistica medievale caratterizzata da stradine ravvicinate, tortuose e costeggiata da alti palazzi. Le strade della nuova Cerreto avevano inoltre, ad intervalli regolari, degli slarghi, fondamentali per decongestionare gli spostamenti in caso di nuovi terremoti.
Infine, e questa fu forse l’innovazione più importante che avvicina il “progetto Cerreto” a quello successivo calabrese, le case avevano degli importanti accorgimenti antisismici: possedevano solo il piano terra e il primo piano che erano realizzati in maniera diversa, il pian terreno aveva muri larghi rinforzati, realizzati con pietre squadrate molto massicce, il secondo aveva muri leggeri più fini e fatti di tufi che alleggerivano la struttura (un concetto costruttivo simile a quello che permise ai Romani di realizzare la cupola del Pantheon). In caso di nuovi terremoti, gli accorgimenti antisismici avrebbero reso le case più solide, quelli urbanistici impedito il blocco delle strade e quindi dei soccorsi, a causa delle macerie.
Tornando però alle strutture testate dal CNR possiamo concludere che le ricerche dimostrano che questa tecnologia, se opportunamente aggiornata, potrebbe essere applicata ad edifici moderni. L’Italia insomma potrebbe imparare la lezione che non ha imparato da tutte le devastazioni provocate dai gravi terremoti degli ultimi decenni e che i Borbone, invece, impararono dopo quello del 1783.
Nicola Christian Rinaldi
Gino Zaccari