Ignazio Cutrò, imprenditore, ha deciso di vendere la sua azienda e lasciare l’Italia a causa della mafia. “Ha vinto la mafia, lascio l’Italia”, queste le amare dichiarazioni di chi aveva lottato consentendo alla magistratura di arrestare e far condannare gli estorsori appartenenti a un clan siciliano. La decisione di Cutrò è ormai irremovibile.
“Siamo in miseria e qui non posso più lavorare“. I figli Giuseppe e Veronica che studiavano a Milano hanno dovuto abbandonare gli studi e sono dovuti tornare alla loro casa a Bivona per mancanza di soldi. Nonostante la sua battaglia e il suo “contributo da cittadino” contro la mafia lo Stato non gli ha fornito gli aiuti necessari. Dopo la denuncia, nessuno si è più rivolto alla sua azienda, facendo il vuoto intorno a lui ma le cartelle esattoriali e i prestiti bancari hanno proseguito il loro inesorabile percorso, conducendolo alla “miseria”.
“I privati non mi chiamano più, – ha detto – non posso partecipare alle gare pubbliche non avendo più la documentazione amministrativa in regola e da quasi un mese mi hanno tagliato luce e gas”.
Le prime richieste di ‘pizzo’ e la dura opposizione di Ignazio Cutrò ai clan mafiosi risalgono al 1999. Poi le minacce a lui e ai familiari e gli attentati ai mezzi della sua azienda. Sotto scorta dal 2008 avrebbe potuto approfittare della situazione abbandonando definitivamente la Sicilia, con una nuova identità e a spese dello Stato, ma ha rifiutato, decidendo di rimanere nella sua Terra, la Sicilia, e lottare.
“Ho chiesto al Ministero che quella opportunità di andar via per rifarsi una nuova vita venisse concessa ai miei figli. Una nuova identità e il sussidio dello Stato che io ho rifiutato. Così avrebbero potuto studiare per costruisi un futuro migliore. Ma tale richiesta è stata ignorata”.
“Allora ero convinto di dover dare una testimonianza concreta di come opporsi e lottare contro la mafia – ha concluso – ma lo Stato non mi ha aiutato e oggi mi sento sconfitto”.
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