“Anch’io ho scritto ai miei tempi/lettere d’amore”
Comincia così una poesia di Alvaro de Campos, eteronimo di Fernando Pessoa, poi musicata da Roberto Vecchioni.
Le abbiamo scritte tutti, le lettere d’amore, chissà dove sono andate a finire, se qualcuno ancora le legge ogni tanto.
In un mondo virtuale, distratto e sempre più tecnologico, sembra non esserci più spazio per il romanticismo e allora può accadere che un vecchio scrigno che custodisce più di cento lettere d’amore finisca abbandonato accanto al cassonetto della spazzatura. Uno spreco enorme, un patrimonio di parole e sentimenti, di storia e costume anni ‘50, in attesa della discarica. Ma come nelle favole, qualcosa accade.
E allora capita che qualcuno che, incuriosito dallo scrigno, e immaginandolo già come arredamento di scena per il suo teatro, lo raccoglie, lo porta a casa. E come in tante storie raccontate dal cinema o dalla letteratura, capita che quello scrigno non è vuoto, contiene qualcosa di molto prezioso. E quasi per magia, come dal cilindro di un prestigiatore, cominciano a venir fuori vite, amori, sogni, attese, speranze.
“Promettiamoci che d’ora in poi tutte le ore passate insieme saranno come le poche ore passate insieme martedì sera” scriveva Antonio alla sua musa Amalia.
Viene fuori un intero mondo di un tempo che non c’è più, raccontato attraverso una grafia elegante e sottile color azzurro pallido.
L’uomo che ha trovato questo piccolo tesoro, che ha saputo coglierne appieno il valore, non è un uomo qualsiasi, si chiama Pierluigi Bevilacqua ed è il direttore artistico della Piccola Compagnia Impertinente di Foggia.
Ha letto le lettere, le ha catalogate e trasformate in uno spettacolo teatrale per il Foggia Teatro Festival 2014, infine dopo aver rintracciato una emozionatissima Amalia, oggi ottantatreenne, gliene ha fatto dono.
Una bella storia, sospesa tra passato e contemporaneità. Perché l’amore, quando è autentico, non muore mai.
Continua a vivere nel tempo, in altre forme. Per tutti noi.