La scorsa settimana a Catania si è svolta la tradizionale festa di Sant’Agata, la celebre festività in onore della santa patrona della città che ogni anno nella prima settimana di febbraio riempie le strade di fedeli, cittadini, curiosi e moltissimi turisti.
Quest’anno la festività agatine sono state un’interessante occasione per un evento molto particolare: la presentazione del progetto Catania in Gigapixel, frutto della collaborazione fra l’ente Chiesa Cattedrale, l’associazione Officine Culturali e il fotografo Antonino del Popolo.
Il progetto ha avuto come obiettivo la digitalizzazione ad altissima risoluzione dell’affresco che si trova nella sagrestia della Cattedrale di Catania, commissionato dal vescovo Bonadies e attribuito a Giacinto Platania, che rappresenta l’eruzione dell’Etna del 1669. La tecnica della digitalizzazione ad alta risoluzione delle opere d’arte per migliorare la fruibilità è una tecnica già utilizzata in diversi progetti, fra cui quello celebre del Google Art Project (http://www.google.com/culturalinstitute/project/art-project?hl=it).
L’affresco è un documento storico straordinario perché raffigura con dovizia di dettagli la città di Catania prima che venisse distrutta dal terremoto del 1693. Per essere realizzato, il progetto ha richiesto due intere notti di lavoro, una impalcatura piuttosto alta (dato che l’affresco non si trova ad altezza uomo) ed ha prodotto oltre 1300 scatti fotografici che – una volta montati – hanno permesso di avere un’immagine ad altissima risoluzione secondo la tecnica del gigapixel. L’immagine risultante è stata messa disposizione di chiunque grazie al sito internet dello stesso Antonino del Popolo (http://www.antoninodelpopolo.it/affresco/affresco_01.html) e presto anche sul sito della Cattedrale di Catania (http://www.cattedralecatania.it/home.aspx)
Il progetto è interessante per vari motivi. In primo luogo per motivi di studio, in quanto la possibilità di zoommare dentro l’affresco consente lo studio dei dettagli storici e artistici che altrimenti sarebbe molto difficoltoso. In secondo luogo per motivi turistici, in quando l’affresco trovandosi nella sagrestia della Cattedrale etnea era fruibile solo tramite appuntamento e attraverso delle guide turistiche, rendendo l’accesso complicato, accesso reso ancora più complicato dalla distanza dell’affresco dallo sguardo.
Infine il progetto è interessante in senso generale. Andare così a fondo dentro un affresco consente curiosare trovando dei particolari molto affascinanti: dall’uomo con gli occhiali nel gruppo di prelati, alla signora che soffre il mal di mare sulla barca di sinistra, fino alla ciurma della nave di destra che guardano con quello che sembra essere terrore il finis terrae che rappresenta invece la cornice dell’affresco.
In pratica è possibile guardare all’affresco come una enorme polaroid storica che ha fissato con la pittura non solo un evento terribile come quello dell’eruzione dell’Etna del 1669, ma anche la vita quotidiana che si stava svolgendo nel momento dell’eruzione.
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