Massimiliano Bruno è sicuramente uno dei più vivaci e brillanti amanti del cinema; è infatti autore, attore e regista. Ha esordito alla regia con “Nessuno mi può giudicare”, film campione d’incassi con una bravissima Paola Cortellesi. È autore di molte sceneggiature di successo, come “Notte prima degli esami” di Fausto Brizzi. Per il teatro ha scritto diverse commedie teatrali, tra cui “Cose che capitano” e “Ancora un attimo”. È anche un attore molto versatile che abbiamo visto partecipare alla serie televisiva “Boris” e nella fiction de “Ispettore Coliandro” dove interpreta il ruolo dell’ispettore Borromini. In “Via l’Italia”, ci delinea un ritratto, a tratti molto amaro, del nostro Paese, una nazione un po’ bugiarda e sempre più incline alle raccomandazioni, il tutto con un mix di gag molto divertenti. Nel suo ultimo film “Gli ultimi saranno ultimi”, premiato da pubblico e critica, Massimiliano ci racconta la quotidianità di un gruppo di italiani, messi alle strette tra i morsi della crisi e la costante cecità di negare l’evidenza. In quest’intervista abbiamo tentato di ripercorrere la sua carriera sino ad oggi, dal piccolo al grande schermo, passando per il teatro. Massimiliano Bruno ha la straordinaria capacità di emozionarci, sempre, attraverso il racconto di storie narrate con una delicatezza unica, ma anche a tratti quasi pungente da lasciarci scoperti, senza alcuna pelle, quasi a sbatterci davanti la realtà di ciò che siamo diventati, con le nostre gioie e i nostri dolori, le nostre forze e le nostre fragilità.
Chi è Massimiliano Bruno oggi?
Una persona come tante. Ha le sue abitudini, le sue passioni, gli amici di sempre. E’ uno che svolge il mestiere che ama e cerca di migliorarsi per farlo sempre meglio.
Cos’è per te il cinema?
Una possibilità in più di ammirare immagini, conoscere storie e capire concetti che possano farmi crescere.
Sei un grande artista poliedrico. Sei attore, sceneggiatore, autore di programmi televisivi, di fiction, di testi, scrivi per il teatro e sei anche regista. Ci raccontereresti la tua storia, partendo dai tuoi esordi?
Ho iniziato in un piccolo laboratorio teatrale nel quartiere di Torre Spaccata a Roma nel 1988, il mio insegnante era Sergio Zecca e dopo poco mi ha proposto di fare ditta insieme a teatro e abbiamo fatto coppia per tantissimi anni. Poi a metà anni ’90 ci sono stati incontri fondamentali: Furio Andreotti, Massimo Giangrande, Fausto Brizzi, Marco Martani, Valerio Aprea, Claudio Santamaria e soprattutto Paola Cortellesi con cui ho condiviso per anni il palco. Sono stati anni ruggenti in cui facevamo la fame ma riuscivamo a stare in scena ogni anno con più spettacoli. In quegli anni sono nati spettacoli come “Esse”, “Il silenzio”, Cose che capitano” e tanti altri. Contemporaneamente cercavo di fare l’autore in televisione e mi arrangiavo con qualsiasi cosa riguardasse il mio lavoro. Lentamente sono diventato attore, autore e regista delle mie cose e all’inizio degli anni 2000 ho cominciato a firmare fiction e trasmissioni televisive senza mai lasciare il teatro. Al cinema sono arrivato nel 2005 con la scrittura di “Notte prima degli esami”. Contemporaneamente in quegli anni ero in teatro con la mia commedia “Ancora un attimo” sempre con Paola. Poi il mio monologo Zero e la scrittura de “Gli ultimi saranno ultimi”, spettacolo che fece esplodere Paola a livello teatrale. Dopo aver scritto tanti film è arrivato nel 2011 il mio passaggio alla regia cinematografica con “Nessuno mi può giudicare” che fu un esordio fortunato e premiato che mi ha dato la possibilità di poter poi fare altri tre film.
Nei tanti ruoli che hai interpretato ne hai uno o più che ricordi con particolare affetto?
Il ruolo a cui sono più affezionato risale al mio monologo Zero, interpretavo un giovane calabrese con un leggero ritardo mentale, lo chiamavano tutti Cacasotto. Quello spettacolo resta la cosa migliore che ho fatto.
Come nasce una sceneggiatura? Cosa ti piace di questo mestiere? E’ molto complesso?
Nasce dalla necessità di raccontare qualcosa che ti preme. Per me è così. A volte basta una piccola idea e tutto il resto viene nell’anno successivo con dieci ore al giorno di duro lavoro. Mi piace starmene a casa a scrivere davanti alla vetrata di casa mia che affaccia sul parco. Mi piace quando non ricevo telefonate perché resto dentro di me e sono più creativo.
Hai firmato, come già tu stesso hai detto, un film che è stato un grande successo; mi riferisco a “Nessuno mi può giudicare”. Com’è nata l’idea di fare questo film? Per te, si possono esprimere giudizi o meglio evitare?
Viviamo in un mondo in cui ovviamente conviene esprimere il giudizio comune per non avere problemi. Io non sono mai stato così intelligente da farlo… e quindi dico sempre quello che penso. L’idea del film è nata da Fausto Brizzi, lo sviluppo è stato mio e di Edoardo Falcone. Ci andava di scherzare su quell’argomento e dire qualche cosa di più profondo su una situazione che non ci piaceva.
Un altro tuo interessante film è “Viva l’Italia”, un commedia drammatica, un ritratto amaro sull’Italia. Si parla di bugie, realtà, politica e raccomandazioni. La verità può essere un riscatto?
La verità è spesso schiacciata sotto lo stivale arrogante del potere. Non conviene mai dirla fino in fondo a meno che non si abbia il culo parato. A noi che siamo buffoni mestieranti e menestrelli di corte ci è concesso a volte di esagerare se non diamo troppo fastidio, tanto conoscere la verità purtroppo abbiamo imparato che non cambia le cose.
Come vedi la situazione che sta attraversando il nostro Paese e la sua politica?
Mi sembra che da quando sono nato più o meno non sia cambiato molto. Governare non credo sia semplice e accontentare tutti impossibile. Non credo che la politica del nostro Paese sia indipendente da quello che succede nel mondo. E’ un settore, quello della politica, in cui l’Italia non riesce ad essere originale. Per fortuna nell’arte lo siamo spesso stati.
Uno dei tuoi ultimi capolavori, è stato “Gli ultimi saranno ultimi”. Questa volta ti sei concentrato su uno spaccato di contemporaneità doloroso e tagliente. Ci parli di ingiustizie sociali, della fatica di tanti, di un lavoro che sembrava eterno e invece non lo è stato, ma soprattutto ci delinei una realtà che c’è oggi come oggi, che esiste. Gli ultimi potranno mai diventare primi?
Gli ultimi non sono mai stati primi e mai lo saranno. Ma vivono per cercare di migliorare la loro condizione. Se il pensiero resta libero allora sì che è una vittoria.
Recentemente, abbiamo ascoltato Paola Cortellesi che, nello show di tre puntate di Rai1 condotto insieme a Laura Pausini, recitava i monologhi scritti da te. Ancora una volta, tanta attualità e verità, ancora tante emozioni, toccando tematiche davvero molto delicate. Ogni giorno apprendiamo casi di bullismo e di violenza sulle donne, veniamo a conoscenza di episodi che sembrano quasi delineare l’uomo come di un essere totalmente privo di bontà. Tu come definiresti il rispetto, l’amicizia e l’amore?
Il rispetto è riconoscere la vera identità dell’altro e cercare di non calpestarla. L’amicizia è l’istinto di condivisione con altri esseri umani, l’amore è una ambizione che spesso non si riesce a vivere.
Qual è il tuo rapporto con i sogni? Possiamo ancora sognare? Tu ne hai ancora uno nel cassetto?
I sogni sono la base della mia essenza. Io sono ciò che sogno. Nei sogni sono sempre migliore rispetto alla mia parte razionale. Dobbiamo ricordarceli e cercare di capirli per entrare in contatto con la nostra parte più inconscia perchè i sogni non stanno nei cassetti.
Quest’intervista verrà pubblicata in Resto al Sud, un quotidiano molto attento alle tematiche che riguardano le terre del Sud, non soltanto del nostro Paese, ma anche del mondo. Tu cosa pensi della parola Sud? Cosa rappresenta per te?
Sono un figlio del Sud, nato da genitori calabresi e cresciuto con una mentalità pregna dei pregi e difetti del Sud. Il Sud è anche il mondo di sotto, quello con la pelle nera, con la guerra in casa. Ho rispetto profondo per questa parola e per queste terre. Io mi sento Sud.
I tuoi prossimi progetti?
Sto scrivendo il nuovo film… e mi sto divertendo moltissimo!