“E’ una vergogna”: lo stadio consegnato “in mano a dei violenti” e lo “Stato che non reagisce, anzi, resta impotente e quindi ha perso”. E’ ancora “sconvolta” e stanca per “non avere potuto dormire”, confessa Marisa Grasso, la vedova dell’ispettore capo Filippo Raciti, morto il 2 febbraio del 2007 nello stadio di Catania, che ieri sera ha visto la maglietta del capo ultras Genny detto ‘a Carogna’, con la scritta ‘Speziale libero‘. Antonino Speziale sta scontando una condanna definitiva a 8 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale per lo morte del poliziotto.
Ha guardato le immagini in diretta televisiva della finale di Coppa Italia, all’Olimpico di Roma, tra Fiorentina e Napoli: “dure come macigni sul cuore…”, rivela. Ne ha parlato con i suoi due figli, perché “non nascondo niente loro e devono sapere tutto”. Anche per loro è stata “l’ennesima violenza al ricordo doloroso del padre, seppellito da sette anni”.
La cosa che le è pesata di più, però, e “l’assenza dello Stato”. Anche se le telefonate di “vicinanza e solidarietà” di ieri del premier, Matteo Renzi, del presidente del Senato, Pietro Grasso, del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e del capo della polizia, Alessandro Pansa, l’hanno sollevata e fatta “sentire meno sola”.
“Il contenuto delle chiamate – aggiunge – è riservato, ma mi hanno fatto piacere e sentire meno sola. Adesso dopo le parole aspettiamo i fatti, che ci saranno” “Ieri sera – afferma Marisa Grasso – mi sono sentita umiliata e ho provato un grande dolore perché è stata offesa la memoria di mio marito: è stata indossata una maglietta che inneggia all’assassino di un poliziotto. Tutti hanno visto la prepotenza di questa persona, ma poi che è successo? Io – sottolinea – ho pieno diritto, adesso, di avere risposte dalle Istituzioni”.
“Lo Stato”, segnala “con grande rammarico” la vedova dell’ispettore capo Raciti, “ieri era presente allo stadio nelle sue massime espressioni, e che ha fatto?”. “Lo Stato deve essere forte e non debole – osserva – e ieri c’è stata l’espressione evidente della sua impotenza”.
“Non c’è stato un altro caso Raciti – continua la vedova dell’ispettore capo di polizia – ma c’erano i presupposti affinché questo accadesse, perché la violenza c’è stata e io, dopo avere seppellito mio marito, che ha lasciato una moglie e due figli, non voglio vedere altri servitori dello Stato cadere vittima della violenza. E’ ora che qualcuno ponga fine a tutto questo – chiosa la vedova Raciti – ma non a parole…”.
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