Il “materiale probatorio“ su cui poggia il processo sulle 26 ‘ragazze immagine‘ ed escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze di Silvio Berlusconi ”offre uno sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora Presidente del Consiglio che, al di là di una formale apparenza di cene eleganti, dissimulava una fiorente attività di esercizio della prostituzione”. Per il gup di Bari Ambrogio Marrone ci sono pochi dubbi sulla natura delle cene organizzate a Palazzo Grazioli, Villa Certosa e Arcore tra il 2008 e il 2009.
Il giudice lo scrive nelle motivazioni della sentenza di condanna ad un anno di reclusione per l’avvocato Salvatore Castellaneta, per tutti ‘Totò‘. Il legale, il 10 dicembre 2013, è stato condannato in abbreviato per induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione ma è stato assolto dal reato associativo. Gli altri suoi sette coimputati hanno scelto il rito ordinario e sono ora a giudizio dinanzi al tribunale di Bari: tra loro, i fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini e Sabrina Beganovic, al secolo Began, conosciuta come l’‘ape regina‘ delle feste dell’ex premier.
La sentenza ripercorre il periodo in cui Gianpaolo Tarantini aveva un’intensa frequentazione con l’allora premier e, sfruttando l’amicizia del leader di Forza Italia, puntava al business con Protezione Civile e Finmeccanica. Per oliare il rapporto cameratesco che aveva con il capo del governo, ‘Gianpi‘ aveva capito che doveva reclutare ragazze da far prostituire. Lo fece per 21 volte tra settembre 2008 e maggio 2009. Ci provò anche con Sara Tommasi e Manuela Arcuri, ma alla fine non riuscì per un soffio a coronare il sogno di Berlusconi: passare la notte con la bella Manuela.
Secondo la sentenza, che ritiene fondato l’impianto accusatorio, ”il materiale probatorio, nel suo contenuto di oscenità e bassezza evidenzia la situazione di mercimonio del corpo femminile e la considerazione delle donne come semplici oggetti suscettibili di commercio a scopo sessuale”. Ma il giudice si spinge oltre. Analizzando uno dei festini parla di ”boccaccesca nottata” trascorsa dall’allora premier con tre ragazze della scuderia Tarantini. Sì, perché quella messa su dal prode ‘Gianpi‘, con la complicità dei coimputati Massimiliano Verdoscia e Pierluigi Faraone, era – secondo il giudice – ‘‘un’agenzia di reclutamento” di escort che offrivano sesso a pagamento.
Utilità che erano “elargite di solito dallo stesso Berlusconi, quasi sempre poco prima che queste (le ragazze, ndr) andassero via dalle sue dimore, il giorno dopo l’incontro ravvicinato a scopo sessuale, avvenuto di notte con le ragazze di turno“. Un ruolo nel reclutamento delle donne lo ha avuto – secondo i pm – Sabina Beganovic definita durante la requisitoria, la ‘Tarantini in gonnella‘, ‘La maestra di Tarantini‘. Fu ‘l’ape regina‘ – per l’accusa – ad istruire Gianpi sui gusti del presidente Berlusconi. Infatti – rileva il giudice – “non si trattava di reclutare semplici prostitute, sia pure di alto bordo, ma anche persone che sapessero mantenere la adeguata riservatezza sulle scabrose situazioni cui erano chiamate a partecipare“. Non manca poi la descrizione dei luoghi. ”L’ambiente nel quale si svolge la vicenda – annota il gup – non è certo quello delle case chiuse. I fatti si svolgono in ambienti lussuosi, senza alcuna costrizione per le ragazze”. Meno nobile è – secondo il giudice – la concezione che si ha delle donne, considerate ”come oggetti di piacere da portare e, all’occorrenza, da prestarsi a vicenda“. A questo proposito il giudice riporta un’ormai famosa intercettazione tra Berlusconi a Tarantini. Dice il presidente: ”Sì, forse tutte quelle sono tante, son troppe… al massimo averne due a testa, però voglio che adesso anche tu abbia anche tu… quelle tue, perché sennò mi sento sempre in debito io eh”, ”e scusa portatele per te e poi io mi… porto le mie”, ”poi ce le prestiamo insomma… la patonza deve girare”.