Città del Messico: il 19″72 portò il mondo della velocità avanti di 20 anni. Una coppia di numeri diventati magici, e che per 17 anni resero Pietro Mennea l’uomo più veloce della terra. Due puntate per ricordare il grande sportivo, ‘Pietro Mennea-La freccia del Sud‘. A prestargli volto e fisico Michele Riondino che vedremo su Rai1 nella prossima stagione.
Una miniserie per la regia di Ricky Tognazzi, girata tra la Puglia e il Lazio, le cui riprese sono da poco terminate, (l’attore tarantino tornerà di nuovo sul set dal 15 settembre come protagonista della seconda stagione de il Giovane Montalbano prequel della fortunata serie nata dalla penna dello scrittore Andrea Camilleri). Una miniserie quella su Mennea per “mostrare ai giovani il buon esempio” dello sportivo, figlio di un sarto e di una casalinga, originario di Barletta (Bat) che ha fatto della determinazione la sua carta d’intentità.
Un’atleta che si è conquistato il proprio soprannome con il record mondiale di 19″72 nei 200 metri piani, detenuto dal 1979 al 1996 – battuto solo da Michael Johnson ai Trials per Atlanta (19″66, poi ritoccato nella finale dei Giochi a 19′”32). Traguardi che non avrebbe comunque tagliato senza il suo preparatore atletico, Carlo Vittori, interpretato da Luca Barbareschi che è anche il produttore della serie.
Nel cast anche Lunetta Savino nei panni della mamma di Mennea, Vincenzina, dalla quale Pietro “non riusciva mai a farsi dire bravo“, nonostante i suoi numerosi successi. Realizzato da Casanova Multimedia e Rai Fiction, il film tv è sostenuto da Apulia Film Commission con un finanziamento totale di 392 mila euro.
La fiction sarà in onda su Raiuno, auspica la produzione, “probabilmente entro Natale“. Scomparso a soli 60 anni nel marzo del 2013 con la sua morte il mondo ha perso uno dei suoi campioni simbolo. Non era forse un predestinato, magrissimo, piccolino, ma laddove il fisico non c’era interveniva l’abnegazione alla fatica e all’allenamento: vent’anni dedicati anima e corpo all’atletica e quei 200 metri corsi da imperatore nel 1979 alle Universiadi messicane.
Il ragazzo di Barletta appena un anno dopo vinse l’oro sulla stessa distanza ai Giochi di Mosca, dopo una rimonta mozzafiato. “La fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni. Per battere il tempo devi saper soffrire” ripeteva sempre il dottor Mennea, una pioggia di lauree (in scienze politiche, in Giurisprudenza, Scienze dell’educazione motoria e Lettere), la carriera politica, quella di avvocato e commercialista, le battaglie come curatore fallimentare per i risparmiatori italiani nell’azione contro Lehman Brothers.
Cinque Olimpiadi: (“Su tutti i ricordi più belli sono l’oro olimpico a Mosca e il record del mondo dei 200” amava ripetere) quel 19″72 fatto a Città del Messico nel 1979 diventato anche un film documentario. “La Freccia del sud”, come lo chiamavano in pista, quel ragazzino “sfigatello” per usare le parole dello stesso campione sbarcato a Formia alla corte di Vittori, aveva infatti scombinato le previsioni di tutti. Coach compreso.
“Se avessi avuto il fisico di Bolt i miei record sarebbero stati altri – ricordava che pure al giamaicano aveva dedicato il suo 24/o libro – ma madre natura con me non era stata troppo generosa. Io ho costruito tutto sull’allenamento, la fatica, la dedizione“. “Dalla vita non puoi avere tutto, e allora compensi con altro…“. Quando lo incontrò, Cassius Clay, sgranò gli occhi: “E che l’uomo più veloce della terra è bianco?” gli disse il pugile. “Ma io dentro sono più nero di te…” gli rispose con la battuta pronta il giovane Mennea.
Sposato con Manuela Olivieri, Mennea ha ricoperto, a livello sportivo, anche la carica di direttore generale della Salernitana nella stagione ’98-99 ma è stato anche eurodeputato dal ’99 al 2004 e docente universitario all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara. Schivo riservato, il suo dito alzato al cielo se lo ricordano tutti voleva dire: sono io il numero uno, ma lo diceva soprattutto a se stesso.
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