Sul Corriere della sera del 21 ottobre, Ernesto Galli della Loggia, sempre molto sensibile al tema dell’unità del Paese, si indignava che l’anniversario dell’annessione del Veneto all’Italia passasse in questi giorni in sordina. E che il maggiore silenziatore fosse stato impresso proprio nei luoghi, anche pubblici, della regione interessata.
E’ vero, 150 anni fa anche il Veneto, fino a poco prima parte dell’Impero austro-ungarico, fu unito al resto dell’Italia. Strano che, cinque anni fa, si sia celebrato l’avvio del regno affidato alla dinastia di Vittorio Emanuele II diventato primo sovrano d’Italia, dimenticando che non ne facevano ancora parte Roma e il Veneto. Il 17 marzo 1861 la penisola, nella sua definizione politica statuale unitaria, era ancora un’incompiuta. Eppure, 5 anni fa proliferarono le celebrazioni, fregandosene dei veneti e dei romani. E oggi, in quella che fu la Repubblica marinara di Venezia fino a quando non venne invasa dalle truppe francesi di Napoleone Bonaparte, si risponde con indifferenza, se non con ironica critica, a quanto avvenne 150 anni fa.
Non c’è da stupirsene, la Lega nord ha avuto il suo zoccolo duro e i suoi antesignani nella Liga veneta. Ricordate l’assalto-farsa, con carro armato di cartone, al campanile di piazza San Marco? Nella storia del Nord, la più gloriosa e antica tradizione l’ha avuta la Repubblica veneta che Daniele Manin, lungi dal volerla unire all’Italia, voleva rifondare contro gli austriaci nel 1848. E 150 anni fa, di certo né Giovanni Genova Thaon di Revel né gli altri alti ufficiali piemontesi, che dal maggio 1861 facevano ormai parte del neonato esercito italiano, furono accolti a Venezia con entusiasmo.
Un’altra pagina mitologica che urta con un’annessione, resa possibile attraverso l’aiuto dell’esercito prussiano che sconfisse gli austriaci. Gli italiani, alleati della Prussia, in quella che fu definita Terza guerra d’indipendenza ebbero l’abilità di perdere due battaglie: di terra a Custoza e di mare a Lissa. In quest’ultimo caso, i marinai sulle navi austriache erano quasi tutti veneti. Ben 56 furono decorati con medaglie al valor militare d’oro e d’argento.
Anche stavolta, come era avvenuto per la Lombardia, il Veneto fu consegnato dall’Austria alla Francia che poi, a sua volta, l’avrebbe passato all’Italia. Il trattato di pace prevedeva che bisognasse sentire prima il parere dei veneti, ma questo era un particolare che poteva tranquillamente essere aggirato. La consegna avvenne in una camera d’albergo. Per evitare clamori, le trattative si svolsero all’Hotel de la Ville sul Canal Grande. La Gazzetta di Venezia titolò il 19 ottobre: “Questa mattina, in una camera dell’albergo d’Europa, si è fatta la cessione del Veneto”.
Teste di paglia del governo di Firenze, allora capitale d’Italia, sostituirono gli amministratori di Venezia in carica nel periodo dell’Impero austro-ungarico. La cessione, con tutti gli accordi, sulle piazzeforti, l’esercito e altro, era cosa fatta. Il plebiscito, la pseudo volontà popolare, fu poco più di una farsa, come era stato quello a Napoli di cinque anni prima. Doveva ratificare cose già decise sulla testa di tutti. I soliti brogli, le solite minacce ed esito con numeri bulgari. Esattamente 150 anni fa, il 22 ottobre 1866, si lessero i risultati: 641.757 sì, 69 no, 366 schede nulle. Risibile, anche per uno studente di statistica alle prime armi.
Il Veneto era parte dell’Italia. La Serenissima un ricordo lontano, la storia, in contrasto con la memoria, divenne l’invenzione dei patrioti veneti che volevano l’unità, della maggioranza assoluta che si sentiva italiana e non figlia della Serenissima. Insomma, azzeramento di identità storica, per spiegare una scelta politica. Anche il Veneto, come il Sud d’Italia, conobbe poi un’emigrazione selvaggia: in 3 milioni se ne andarono in cerca di fortuna migliore. Tanti anni dopo, le istanze di secessione sono partite dal nord-est d’Italia, complici crisi economiche, paure verso il nuovo, spesso egoismi, se non pregiudizi anti-meridionali e anti-immigrati. Tutto è figlio anche della non conoscenza della storia. E sapere come i veneti si unirono all’Italia dei Savoia fa capire anche perchè, nonostante Galli della Loggia lo imputi solo a influenze leghiste, lassù ci sia così poco entusiasmo per questo anniversario storico.
Dal blog de www.ilmattino.it
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