Dietro gli attacchi contro il carcere iracheno di Abu Ghraib e quello di Taji, avvenuti domenica scorsa c‘è la firma di Al Qaeda. Un’operazione terroristica ben organizzata e programmata. Con questo attacco sono riusciti a far scappare più di 550 detenuti, la maggior parte di questi erano stati condannati per reati di terrorismo.
Infatti, a essere evasi sono alcuni “leader dello Stato islamico in Iraq”, l’organizzazione di Al Qaeda nel Paese. Due giorni fa a Baghdad è stato un inferno, 12 attentati che hanno coinvolto la zone più popolate del capitale come le città di Al Sadr, Hurriya, Habibiya, Bayaa, Hay Shurta, Kadhimiya e Risala, provocando 73 morti e numerosi feriti, persone che si preparavano per il digiuno del mese di Ramadan.
Questo è un altro aspetto della debolezza del governo di al-Maliki che è rappresentato dalla violenza sempre crescente che viene praticata oggi in Iraq, soprattutto quella a sfondo confessionale, che vede contrapporsi Sciiti e Sunniti, di volta in volta vittime o artefici di aggressioni ai rispettivi luoghi santi, e di massacri collettivi perpetrati sulla base dell’appartenenza confessionale.
Si sperava che, dopo la caduta del regime di Saddam, l’Iraq potesse dire addio alla violenza ed alla guerra, dopo tutto quello che avevano subito del regime precedente.
Invece, siamo di fronte a un personaggio come Al Maliki, che non fa altro che esaudire gli ordini che provengono degli Ayatollah Iraniani, non badando né al parlamento né ai membri dello stesso suo governo, composto da tutti i rappresentanti dei popoli dell’Iraq.
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