Ha subito anni fa l’esproprio del giardino della sua villa nobiliare, un agrumeto di 1.490 metri quadrati. Ma ieri mattina, dopo la riassegnazione del terreno da parte del Tar, ne è ritornata in possesso. Temporaneamente, assicura la Soprintendenza di Pompei che affila le armi legali per dare battaglia.
Nella giornata in cui il presidente della Commissione cultura della Camera, l’ex ministro Galan, lancia l’allarme sul rischio di perdere i 105 milioni dell’Ue per i restauri dell’area archeologica, sotto i riflettori finisce anche la vicenda di Antonietta Nunziata, l’anziana che da anni ha assistito agli scavi del suo amato agrumeto perché sotto gli alberi erano custoditi duemila anni di storia: una necropoli dell’antica Pompei, fuori le mura della Porta Stabia.
Dal 2004 a oggi, la signora Nunziata ha tentato tutte le strade giudiziarie per rientrare in possesso del suo agrumeto o, in cambio, di riceverne il risarcimento per la perdita. Ma, al danno ha dovuto aggiungere l’esborso di spese legali: 8mila euro, perché l’Avvocatura di Stato in passato si dichiarò non competente a decidere sulla materia.
Ieri mattina, dopo la riassegnazione del terreno da parte del Tar e una serie di botta e risposta senza mai approdare a una offerta per il risarcimento richiesto da parte della Soprintendenza speciale dei Beni archeologici di Napoli e Pompei, la donna, assistita dal suo avvocato, Livio Provitera, ha preso possesso del proprio terreno sul quale da anni non era stato più emesso alcun decreto di esproprio temporaneo né definitivo e restava pertanto occupato illecitamente dall’Ente.
Alla vicenda si stanno interessando i giornali di Francia e Germania. “Adesso – spiega l’avvocato Provitera – temiamo che alla mia assistita possano essere imputati i costi per la tutela dei reperti affiorati durante gli scavi: due enormi monumenti funerari, e, casomai il restauro che non è stato finora effettuato dalla Soprintendenza, perché trattasi di beni considerati patrimonio dell’umanità. Paradosso assoluto è stato il rinvenimento, negli scavi dell’ex agrumeto, di materiale in amianto. Rifiuti speciali che, ancora una volta, toccherà all’anziana proprietaria dover smaltire a proprie spese”.
La Soprintendenza è ovviamente di parete diverso, e si adopererà “per portare al più presto a termine le procedure per rientrare in possesso dell’area”. “La procedura di esproprio dei terreni interessati è stata avviata fin dal 2008. I motivi del ritardo nel definire le procedure di acquisizione – spiega la Soprintendenza -sono di fatto, conseguenza dei continui ricorsi e mancate accettazioni dell’indennità di esproprio e di occupazione finora offerte al proprietario. Il controllo e la tutela dell’area sono, comunque, pienamente garantiti dalla sussistenza di provvedimenti di vincolo diretto e indiretto delle strutture archeologiche”.