Sabato a Roma si manifestava per il diritto alla casa, contro il job act e le politiche di austerità imposte dall’Europa. Gli organizzatori prevedevano 70mila presenze, la questura se ne aspettava 20mila.
Io c’ero e in tutta onestà era difficile capire quanti fossero scesi in piazza. All’inizio a Porta Pia temevo fosse un flop. Fino alle tre del pomeriggio ho visto meno di un migliaio di persone, moltissimi extracomunitari. L’elicottero della polizia ci ronzava intorno mentre i celerini bloccavano le vie proibite al corteo. Duemila in tutto, schierati in assetto antisommossa e con i blindi alle loro spalle.
A metà tragitto,nei pressi via Veneto, ho l’impressione che siamo davvero in tanti, la tensione sale davanti al ministero del welfare. Stiamo fermi un quarto d’ora, mentre la testa del serpentone umano sfida il blocco delle forze dell’ordine che protegge il simbolo del rancore sociale che ha portato migliaia di studenti, precari, cassaintegrati e disoccupati in piazza. Volano arance, legumi, bottiglie, petardi e bombe carta.
La reazione è immediata. La polizia carica, li spinge tutti versi piazza Barberini e all’angolo con via del Tritone non trattiene più i manganelli. Davanti a me c’è una ragazza a terra, le esce sangue dalla fronte, ha tre poliziotti addosso e il suo ragazzo che cerca di proteggerla con il suo corpo. Ci riesce, i manganelli si fermano, i manifestanti alzano le mani e scivolano lungo il percorso autorizzato senza più provocazioni. La ragazza è ancora supina con il suo uomo che la stringe forte. Un casco blu le mette un anfibio sul ventre e la calpesta con la forza di tutto il suo peso. Rimette i piedi a terra e va via.
Quel fotogramma non fa onore alla sua categoria che oggi ne è uscita decisamente perdente. Il bollettino riporta 21 feriti fra poliziotti e manifestanti. Il più grave un peruviano che ha perso la mano per un petardo. Ambulante di professione, “cercava fortuna in Italia“, ha commentato il tassista che mi ha riportata in redazione.
[widgets_on_pages id=3]