Si chiude con un boom di ascolti su Rai1 “Pietro Mennea – La freccia del Sud”, la miniserie diretta da Ricky Tognazzi con Michele Riondino, seguita da 6 milioni 688 mila spettatori pari ad uno share del 25%.
Su Canale5 Lo show dei record deve accontentarsi invece di 3 milioni 753 mila spettatori con il 15.15%.
Su Rai3 andava in scena il calcio con l’amichevole dell’Under 21 Italia-Serbia, seguita da 1 milione 150 mila spettatori (4.11%). Su Rai 2 i due episodi della serie Ncis Los Angeles: il primo ha raccolto 2 milioni 424 mila spettatori pari all’8.34%, il secondo 2 milioni 264 mila con lo stesso share. Su Italia 1 c’era un film, l’Incredibile Hulk, preferito da 2 milioni 32 mila con il 7.64%; su Rete4 Quinta colonna ha avuto 1 milione 381 mila con il 6.24%; su La7 Piazzapulita ha fatto segnare 948 mila con il 4.34%.
Citta’ del Messico: in 19″72 porto’ il mondo della velocità avanti di 20 anni.
Una coppia di numeri diventati magici, e che per 17 anni lo resero l’uomo più veloce della terra.
Il ruolo di Pietro Mennea doveva essere suo ad “ogni costo non potevo fallire”.
Michele Riondino non avrebbe consentito a nessun altro attore di mettere gli scarpini chiodati, e misurarsi con le imprese del mito dell’atletica mondiale, uomo del sud come lui, pugliese come lui, che come lui ha lasciato la sua terra per inseguire il suo sogno.
Tanto che durante la preparazione atletica ha finito con “il sognare più di una volta di correre in pista nella corsia al fianco di ‘Bat'”. L‘attore tarantino, 36 anni appena compiuti, tra i più richiesti di cinema e tv (tra gli ultimi film Meraviglioso Boccaccio dei Taviani, Il giovane favoloso di Martone, per la tv Il giovane Montalbano 2 dove è il commissario di Vigata, di cui ha appena finito le riprese) presta volto, anima, occhi e piedi e gambe a Pietro Mennea-La freccia’ del sud, in onda su Rai1 il 29 e il 30 marzo in prima serata. Con la miniserie a due anni dalla scomparsa (21 marzo 2013), la Rai celebra le imprese del campione simbolo, liberamente ispirato a “La grande corsa”, con la regia di Ricky Tognazzi (coautore anche di soggetto e sceneggiatura con Simona Izzo e Fabrizio Bettelli).
Una coproduzione Rai Fiction e Casanova Multimedia, prodotta da Luca Barbareschi, che nel film è Carlo Vittori, il grande allenatore, che più di ogni altro fu vicino al campione: primatista mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 (tutt’ora record europeo), e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca del 1980. Nel cast, tra gli altri, anche Gian Marco Tognazzi, Elena Radonicich (la moglie Manuela la donna della sua vita), una straordinaria Lunetta Savino nel ruolo dell’amatissima ma severa madre dell’atleta, dalla quale Pietro “non riusciva mai a farsi dire bravo”, nonostante la valanga di successi. Per Riondino una preparazione atletica di 3 mesi con Roberto Piscitelli, ex tecnico della Nazionale italiana per entrare nel ruolo: “Ho dovuto cominciare ad affrontare la disciplina della velocità – spiega l’attore – e della resistenza, dove tutto è racchiuso un una manciata di secondi”.
Il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta aggiunge: “Non siamo in presenza della classica biografia televisiva, ma un film che si sviluppa intorno ad un tema universale e coinvolgente. La lotta contro il tempo, che è sì quella del velocista per vincere la gara, ma è anche quella di tutti coloro che lottano per realizzare la propria esistenza. Questa Miniserie è l’epopea di un campione che appartiene a tutti, diventato un mito sportivo del nostro Paese e un simbolo della volontà e della determinazione nello sport come nella vita”.
Giovanni Malagò ricorda ”Pietro se ne andò due anni fa a 61 anni poco tempo dopo la mia elezione come presidente del Coni, ha tifato per me facendo la differenza. La sua morte è incolmabile. Uomo riservato, non voleva trasferire i suoi problemi negli altri. Nessuno neanche i suoi familiari più stretti erano a conoscenza della sua malattia. Andava all’ospedale e fingeva di andare a trovare qualcuno che stava male. Quando è scomparso per la prima volta, abbiamo aperto il salone d’onore del Coni per la camera ardente”. Mennea non era forse un predestinato, magrissimo, piccolino, ma laddove il fisico non c’era interveniva l’abnegazione alla fatica e all’allenamento: vent’anni dedicati anima e corpo all’atletica e quei 200 metri corsi da imperatore nel 1979 alle Universiadi messicane. Il ragazzo di Barletta appena un anno dopo vinse l’oro sulla stessa distanza ai Giochi di Mosca, dopo una rimonta mozzafiato. “La fatica non e’ mai sprecata, soffri ma sogni. Per battere il tempo devi saper soffrire” ripeteva sempre il dottor Mennea, una pioggia di lauree (quattro) la carriera politica, quella di avvocato e commercialista, le battaglie come curatore fallimentare per i risparmiatori italiani nell’azione contro Lehman Brothers. “È un anno e mezzo – spiega Tognazzi – che lavoriamo su questo film con Simona Izzo. Noi due lo conoscevamo Mennea. Abbiamo raccontato la storia di un piccolo grande uomo, nato in una città, Barletta, senza pista, che non aveva le misure per diventare atleta e che ha portato sul podio più alto non solo se se stesso, ma una nazione”. “Mennea è un grandissimo esempio sportivo per i giovani su quanto può significare la determinazione”, fa notare Barbareschi che pone l’accento sull’allenatore Vittori, “una figura paterna nello sport e nel privato. Lavorare sulla paternità potrebbe portarmi ad un nuovo progetto”. Tiene a far notare Simona Izzo, ”Mennea ha scritto 20 libri. Aveva una testa. È vero ‘mens sana in corpore sano”.
Tanto spirito sportivo e poi un fratello contrario a questa fiction che vorrebbe portare in tribunale. “Non c’è spazio per polemiche di nessun tipo – afferma Barabreschi – perché abbiamo acquisito i diritti dalla Fondazione e dalla famiglia vicina.
L’oro olimpico nei 200 metri conquistato da Pietro Mennea a Mosca nel 1980
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