Marco Belardi è sicuramente uno dei più autorevoli produttori cinematografici in circolazione, ha prodotto infatti capolavori che spaziano dal cinema al piccolo schermo, passando anche dal teatro come “Tutta colpa di Freud”, “Una famiglia perfetta”, “Sette ore per farti innamorare”, “Ti ricordi di me?”, fino all’ultima fatica “Il Professor Cenerentolo”. Dai suoi esordi, Marco di strada ne ha fatta, da volontario e assistente a Cinecittà, poi tecnico, curatore di backstage fino ad arrivare quello che è oggi.
Il cinema è sempre stato il suo presente e sicuramente anche il suo futuro, inseguito da sempre, da quando da bambino ogni volta che passava davanti agli studi di Cinecittà era totalmente rapito da quell’enorme scritta e da quell’enorme entrata che sembrava nascondere chissà quale mondo. La sua determinazione, unita al rischio, all’ambizione, alle emozioni e anche alla fortuna, ha fatto sì che il suo sogno diventasse realtà, perchè molto probabilmente il cinema è davvero un occhio aperto sul mondo, oltre che una vera e propria fabbrica di sogni.
Marco Belardi, un vero appassionato di cinema, com’è nata questa passione? Cos’è per lei il cinema? Come e quando ha capito quello che avrebbe fatto da grande?
La mia passione per il cinema ha radici molto lontane del tempo. Già a 16 anni ho cominciato a lavorare dapprima come runner, poi come assistente al montaggio e ho subito capito che quella sarebbe stata la mia strada, perché il cinema per me ha sempre rappresentato un grande sogno, una forma d’arte capace di far emozionare, piangere, ridere, commuovere e impressionare grandi e piccini. Un’arte completa fatta di suoni, immagini, musica, scrittura.
E’ amministratore unico della Lotus Production, una produzione che spazia dal cinema alla televisione fino ad arrivare al teatro. Ci racconta perché ha deciso di fondare questa casa di produzione?
Perché essendo un appassionato di cinema, la mia più grande aspirazione è sempre stata quella di realizzare in prima persona dei film capaci di far provare agli altri le emozioni che il cinema ha sempre fatto provare a me. Certo, la realtà poi è ben diversa dai sogni e la strada per arrivare alla Lotus non è stata priva di difficoltà. Ma quando si crede davvero in qualcosa, la determinazione e la voglia di riuscire ti danno la forza di superare qualsiasi ostacolo.
Cosa significa fare il produttore in Italia, oggi?
Significa impegnarsi profondamente, come in quasi tutti i lavori in questo momento nel nostro Paese. E’ un momento difficile, sotto ogni punto di vista, e diventa sempre più importante, sia per reperire i fondi per produrre i film, sia per avere successo, proporre dei progetti che tengano conto prima di tutto del gusto e delle esigenze del pubblico, mantenendo sempre alto il livello qualitativo del prodotto offerto.
C’è un vero e proprio sodalizio artistico con Paolo Genovese, per “Viaggio in Italia”, “Immaturi”, “Immaturi il Viaggio”, “Una famiglia perfetta”, “Tutta colpa di Freud” e chissà cosa ci riserva il futuro . Com’è cambiata la commedia italiana?
La commedia italiana è cambiata profondamente. Nel passato si era molto legati a grandi personaggi che hanno reso celebre il nostro cinema nel mondo, siano essi attori o registi. Oggi sono le storie che vincono sui personaggi: storie in grado di ‘intrattenere’ lo spettatore, di distrarlo dai problemi quotidiani attraverso una risata e/o un’emozione.
Che tipo di regista è Paolo Genovese? Per quali motivi ha prodotto i suoi film?
Con Paolo possiamo dive di essere ‘cresciuti’ insieme. Abbiamo raggiunto insieme i primi successi e abbiamo sempre condiviso la nostra idea di ‘fare cinema’ oggi: la voglia di portare all’attenzione del pubblico temi su cui riflettere attraverso un sorriso, con profondità ma anche con spensieratezza.
Qualche mese fa, abbiamo visto al cinema “Italiano Medio” che ha avuto un successo enorme. Rispecchia quello che dovrebbe essere l’italiano medio?
No, assolutamente. Non abbiamo voluto proporre un modello, né un giudizio di fondo ma semplicemente il regista ha voluto mettere in luce un atteggiamento un po’ contraddittorio che spesso riscontriamo in molti italiani e in cui (a suo dire), spesso si riconosce lui stesso: la voglia di cambiare le cose e il totale menefreghismo verso l’impegno sociale.
“Le leggi del desiderio”, film diretto da Silvio Muccino e da lei prodotto. Qual è il segreto per essere soddisfatti nella vita, secondo Marco Belardi?
Non smettere mai di sognare e cercare sempre di realizzare i propri desideri. La felicità è una continua ricerca.
Quest’intervista verrà pubblicata nella testata giornalistica Resto al Sud, anche progetto culturale che invita a resistere, a non abbandonare le terre del Sud. Qual è il suo rapporto con queste terre? Per quali motivi secondo Marco Belardi non si dovrebbe lasciare il Sud?
Io amo il Sud e, anche se fin’ora mi è capitato di lavorarci raramente, mi piace moltissimo l’attaccamento dei meridionali alla propria terra. Si sente quasi un legame viscerale, un amore incondizionato che rende i meridionali profondamente fieri delle proprie origini, fortemente gelosi delle proprie tradizioni e dei propri valori. E proprio per difendere queste profonde tradizioni, è importante lottare contro la difficoltà di queste terre per affermarne la forza e la bellezza che le caratterizza.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Attualmente siamo impegnati nella preparazione della serie tv di Immaturi, otto puntate in prima serata su Mediaset che gireremo a partire da marzo 2016 per circa 7 mesi per la regia di Rolando Ravello. Per il cinema, il prossimo anno abbiamo già in programma un altro film di Genovese, un nuovo progetto con Virzì, il nuovo film di Tornatore, l’opera seconda di Maccio Capatonda e un altro progetto in via di definizione.