I pugliesi potranno presto essere coinvolti nelle più importanti scelte della Regione.
Abbiamo cominciato sabato 2 aprile da Foggia il percorso per la scrittura per la Legge sulla Partecipazione, una delle pietre miliari del nostro programma.
È stato bello vedere oltre 300 persone ai tavoli di lavoro, ancora una volta fianco a fianco sindaci, assessori e consiglieri regionali, amministratori locali, associazioni, movimenti, ma soprattutto cittadini e cittadine. L’evento era aperto a tutti ed è stato autofinanziato dagli stessi partecipanti, su base volontaria.
Questa è la prima tappa di un percorso che toccherà tutte le province, poi il testo arriverà all’esame del Consiglio regionale.
Di riporto, di seguito, il mio intervento di sabato scorso a Foggia:
“Nella nostra concezione della politica la direzione strategica la danno i cittadini perché il popolo non è un soggetto incapace di fare analisi tecniche o di particolare complessità. Certo ha bisogno di sostegno, di istruttorie, di essere informato, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, ma è un cervello collettivo insostituibile.
Questa concezione della politica è complicata. Perché impedisce a chi governa di entrare in contraddizione con la volontà popolare”.
“Può succedere, infatti, come è accaduto a noi, che la Puglia sia contraria ad un gasdotto che parte dalla Basilicata e arriva sino a Taranto, perché non vuole esporre la baia a rischio di incidente rilevante per il trasporto di petrolio. Ma siccome è stato costruito un impianto sulla terra ferma, in un’altra regione, ci hanno detto “non sappiamo da dove portar via il petrolio e quindi passiamo da casa vostra”. Così non va. Queste decisioni vanno prese insieme.
Gli idrocarburi sono stati una sostanza decisiva per una certa fase della storia e forse lo sono ancora. Ma tutti gli osservatori ci dicono che tra pochi decenni questa civiltà dovrà evolvere verso un modello energetico diverso, sostenibile”.
“Noi abbiamo la fortuna di aver fatto un lungo lavoro di preparazione al governo della regione, già dalla campagna elettorale, attraverso le Sagre del programma . Tutto quel lavoro, fatto di studio e confronto, si è tradotto in un documento scritto. E quando qualcuno oggi sostiene che avrei aderito al referendum per fermare le trivelle solo per “farmi pubblicità”, ho la possibilità di provare che non è così, perché quel punto fa parte del nostro programma”.
Il tema del referendum del 17 aprile è emerso in maniera forte durante la giornata perché tocca da vicino il cuore della questione, ovvero quanto peso hanno le indicazioni dei cittadini nelle effettive scelte che poi si compiono.
“I pugliesi hanno deciso di non volere nuove trivellazioni nell’Adriatico e nello Ionio, mare piccolo e chiuso, quindi particolarmente delicato. Il mare appartiene alle persone che ci abitano. Questo indirizzo arriva da lì, non è calato dall’alto o da qualche gruppetto di esperti. Il Consiglio regionale lo ha rispettato e ha validato, secondo le regole dello statuto, la volontà nata dal basso.
Tutto quello che c’è scritto nel nostro programma è sacro. In un modello non partecipato l’addestramento della classe dirigente che deve amministrare è limitato. Cittadini consapevoli, se coinvolti, possono fare la differenza. Ci sono invece molte persone che parlano di cose che non conoscono.
Questa estate, subito dopo la mia elezione, con altri presidenti di regione andammo al Mise (Ministero per lo Sviluppo economico), ricevuti da un sottosegretario, per chiedere di scongiurare le ricerche di petrolio nelle 12 miglia, che invece sarebbero state possibili dalle nuove norme. Quella era una istanza che rappresentava la posizione di intere popolazioni. Lo abbiamo spiegato al governo, abbiamo chiesto una riunione in sede istituzionale e tecnica, ma ci hanno sempre detto di no. “Non abbiamo interesse a parlare con le regioni” è stata la risposta. Solo grazie al referendum poi il Governo ha fatto alcuni passi indietro.
Ma resta la questione della sordità che ci ha obbligato a scegliere la strada del referendum.
Non avevamo altri mezzi. Non potevamo chiedere, come in Francia, un dibattito pubblico su una grande infrastruttura, perché non esiste una legge nazionale sulla partecipazione, né sul dibattito pubblico. Si deve approvare, a nostro avviso, anche una legge sui partiti che garantisca la democrazia interna, che impedisca – ad esempio – che venga dato un indirizzo di astensione al referendum senza che nessun organo di partito ne abbia discusso o abbia mai deliberato in tal senso.
Noi oggi avviamo in Puglia un percorso per approvare una Legge regionale sulla Partecipazione, così come abbiamo fatto con il Reddito di Dignità (ReD), che anticipa ciò che a livello nazionale ancora non c’è.
Forse questo modello di fare politica non piace a tutti, perché coinvolgere i cittadini nelle scelte è rischioso per le lobby.
Se avessi fatto come altri e mi fossi sfilato dalla campagna referendaria, non rispettando quanto scritto nel programma e non rispettando l’indirizzo del consiglio regionale, cosa avreste pensato? Avreste detto che in campagna elettorale ho detto una cosa, e poi ne ho fatta un’altra.
Voglio evitare le brutte figure dei politici che in campagna elettorale affermano di voler arrivare al 50% delle rinnovabili e poi dopo tolgono i contributi alle rinnovabili, all’eolico e al fotovoltaico.
La politica deve tornare a essere un luogo dove gli obiettivi si scrivono nero su bianco e poi si smarcano una volta raggiunti. I programmi vanno scritti “prima”, non si prendono le decisioni “dopo” in base alle necessità di tizio o di caio.
Il centro sinistra non può isolarsi in una dimensione sorda su temi come la politica energetica nazionale, tenendo fuori dalla discussione il Paese.
E soprattutto non può contraddire nei fatti ciò che ha sempre detto.
La partecipazione favorisce il coraggio, l’amicizia, la fiducia.
Questa campagna referendaria avviene in un contesto nel quale il governo ha fatto di tutto per affossarla. Ha fissato la data il 17 di aprile, non l’ha accorpata alle amministrative, ha dato la colpa ai promotori di aver speso i soldi del referendum, cosa non vera.
Oggi nel rivedersi, nel ricreare i nostri legami, mantenendo ferme anche le nostre differenze – perché le Sagre del programma sono aperte a tutti – la Partecipazione torna a mettere insieme le persone sulle idee, non sui progetti di potere.
La differenza tra male e bene è quella che c’è tra il perseguire gli interessi di pochi e il tutelare l’interesse di tutti.
Il centro sinistra deve essere la modernità, la green economy, l’innovazione, la democrazia, la possibilità per tutti di ottenere le stesse condizioni, è il principio di uguaglianza che si deve incarnare nella modernità.
Siamo a lavoro per consentire alla Regione Puglia di aprirsi all’ascolto, attraverso la partecipazione popolare, strutturata, regolata per legge e praticata quotidianamente”.
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